mercoledì 27 gennaio 2010

iTablet e iTalia: due mondi a confronto

Oggi la Apple annuncia ufficialmente la sua nuova "tavoletta". Che si chiami iTablet, iPad o iCoso (bel nome ideato da Federico Cella del Corriere) poco importa. iPhone era un nome tutt'altro che geniale ma il suo enorme successo deriva da altre cause. Chi avrebbe mai pensato, per esempio, a un cellulare come piattaforma di riferimento per i videogiochi (dopo i problemi incontrati da Nokia su N-Gage)? Steve Jobs e compagni sanno come fare il loro mestiere. E come coinvolgere le persone dentro ai loro progetti. L'iTablet (io scommetto su questo nome, per quel che costa) deve ancora essere presentato e non solo il titolo Apple è cresciuto in borsa ma c'è un fermento in rete da finale dei mondiali di calcio.

Qualcuno le ha definite "user generated pr", realizzate spontaneamente, e senza costi apparenti, da fan sfegatati e da acerrimi detrattori della Mela di Cupertino (personalmente, sono tra i pochi che sta nel mezzo). C'è già una rassegna stampa gigantesca e il prodotto non solo non è stato ancora venduto ma neanche presentato. Sono sicuro che Steve Jobs è stato attentissimo nel valutare cosa sia uscito nei social media, nei post dei blog, negli articoli di magazine e quotidiani, nelle radio e nelle TV. Perché il vero segreto della Apple è ascoltare i propri utenti e dare quello che vogliono: prodotti innovativi, belli da vedere ma semplici da usare. Piattaforme da far evolvere nel tempo con nuove idee e applicazioni, di cui i principali artefici sono coloro che li usano, non quelli che li producono. L'approccio della Mela è sintetizzabile in un verbo: coinvolgere.

Proviamo a trasportare quest'approccio in una realtà aziendale italiana. Sarebbe incomprensibile (quasi) per tutti. Un esempio pratico: su una testata specializzata è uscita una prova comparativa di prodotto, la novità dell'azienda XY, leader di settore, prende "4 stelle" (su un massimo di cinque) e il giornalista segnala un aspetto migliorabile ("tired" direbbero quelli di Wired ma non si tratta di loro). Il grande capo legge l'articolo (cosa buona e giusta) poi contatta il responsabile ufficio stampa e il Product Manager, separatamente. Al primo dice, a muso duro, che non è stato fatto un buon lavoro con la stampa se hanno dato "solo 4 stelle" e "c'è pure una critica". Al secondo ordina di modificare la caratteristica del prodotto come ha detto il giornalista, a prescindere dal fatto che il suo responsabile condivida o meno (non ricorda una scena di Schindler's List?). L'approccio dell'azienda XY è sintetizzabile in un verbo: chiudersi.

Ascoltare, fare una valutazione costruttiva e poi pensare a come fare una cosa è un processo lungo e difficile. Meglio pretendere di avere sempre 5 stelle ed essere convinti che i propri prodotti siano il meglio possibile. Preparandosi anche ad avere un futuro difficile. A Cupertino si starà sicuramente meglio. Ah, un'ultima cosa: Steve, prevedi già una tastiera bluetooth trasportabile per l'iTablet, è scomodissimo scrivere testi lunghi su touch screen.

Nota delle ore 23.55, 27 Gennaio 2010: l'iCoso si chiama iPad. Perso la scommessa.

lunedì 25 gennaio 2010

Morte (della politica) a Venezia

Ogni tanto l'impulso prevale. E allora si mandano mail ai quotidiani, scritte di getto, dopo aver saputo qualcosa che ci colpisce, spesso negativamente. Dato che sono mestrino, la questione della candidatura "part time" di Brunetta a sindaco di Venezia (che manterrà, se eletto, lo status di Ministro della Repubblica) mi ha colpito nel vivo. Per l'assurdità della scelta. Ma anche le primarie del PD in laguna dimostravano tutta la loro inutilità. Il Gazzettino, che ringrazio, ha pubblicato il mio sfogo ragionato (scusate l'ossimoro). Parlando di comunicazione, i protagonisti potrebbero scrivere tre libri perfetti per questa situazione:
  • Renato Brunetta, "Due poltrone per uno. Come sputtanarsi in una settimana".
  • Partito Democratico "L'insostenibile inutilità delle primarie".
  • I cittadini veneziani (AA.VV.) "I novi rusteghi. E ora cosa votiamo?"
P.S. Si ringraziano Thomas Mann, John Landis, Milan Kundera e Carlo Goldoni per l'ispirazione (dei titoli).

mercoledì 20 gennaio 2010

Portali aziendali: niente estinzione, solo evoluzione

In tempi di social network, parlare di sito Web sembra quasi anacronistico. Ci sono state discussioni molto interessanti su questo tema, tra cui quella iniziata da Leonardo Bellini di DigitalMarketingLab (sul suo Blog e su LinkedIn). Eppure molte aziende hanno deciso di realizzare una nuova versione del loro portale proprio tra il 2009 e il 2010. Niente di rivoluzionario, nessuno sviluppo apparente di contenuti Web 2.0, solo portali aziendali fatti bene, con immagini in flash e testi realizzati ad hoc. Dinosauri in via di estinzione? Non credo proprio.

La rivoluzione portata da blog, Facebook, Twitter, FriendFeed e compagnia ha sicuramente molti aspetti positivi ma non risolve ogni esigenza. Un'azienda ha, e avrà, sempre bisogno di disporre di uno spazio istituzionale ufficiale dove presentare, in modo serio e autorevole, chi è, cosa fa, cosa vende, dov'è e dove vuole andare. Un punto di riferimento unico per un'ampia gamma di pubblici, dai clienti ai media, dagli enti pubblici ai partner, fino ad arrivare a semplici utenti del Web. Il punto è che il portale, pur avendo un suo ruolo specifico e importante, deve evolversi continuamente per seguire, a suo modo, la crescita di Internet. Non si può ignorare la "rivoluzione sociale" in atto. Per questo, è necessario che ogni azienda inizi a pensare a un percorso di sviluppo continuo del proprio sito, una serie di piccoli passi, graduali ma costanti, per integrarlo con il mondo dei Social Network.

Quale potrebbe essere il primo step? Valutare la creazione di un blog aziendale collegato al sito, per esempio. E' uno strumento semplice da realizzare, con bassi costi e comodo da gestire, che permette all'azienda di iniziare a crearsi delle relazioni bidirezionali (dove anche gli utenti parlano, commentano, interagiscono), non solo monodirezionali (azienda che parla, pubblico che ascolta). Un piccolo passo per il budget, un grande passo per l'azienda (parafrasando Neil Armstrong). E dimostrerebbe che una rivoluzione culturale, in termini di comunicazione e marketing, sta iniziando all'interno della vita dell'impresa. Il blog potrebbe essere arricchito anche da uno strumento molto più convenzionale, un Magazine mensile, una versione solo digitale (si risparmia anche qualche albero) e facilmente scaricabile, che dia modo agli utenti di avere contenuti da commentare, insieme ai post pubbicati.

Le aziende devono iniziare ad attivarsi davvero per pensare a come passare dal "parlare di" ad "essere nel" Web 2.0. Non ci sono pericoli reali, solo grandi opportunità. Da sfruttare integrando strumenti convenzionali con soluzioni più innovative. Non ci sono ricette, ognuno può trovare il suo cammino. Che, come dice un proverbio cinese, inizia sempre con un solo passo.

lunedì 18 gennaio 2010

Fasi di transizione

Si sta guadando il fiume. Si sa cosa si ha lasciato e non si sa cosa si troverà dall'altra parte. Ma è un ottimo momento per riflettere. Ci sono molte opinioni interessanti, e discordanti, sull'evoluzione del settore della comunicazione e del marketing a causa dell'esplosione dei social network. C'è chi è piuttosto scettico ("back to basics", come sottolinea, oltre a mia moglie, un post del blog dell'americana PRSA), chi ne è entusiasta (il gruppo è troppo vasto, uno per tutti è socialmedia.biz). E chi sta cercando di capire cosa sta succedendo davvero. Un esempio molto significativo è un post-con-presentazione scritto da Stephen Davies sul suo blog. La riflessione "Mi aspetto di sentire la frase social business nel prossimo futuro" vale, da sola, il prezzo del biglietto (in termini di tempo da spendere per dare un'occhiata alla corposa presentazione).

Siamo decisamente in una fase di transizione, i semi che germoglieranno in futuro sono già stati piantati ma non sappiamo quali ce la faranno. Samuel Johnson diceva che "il futuro si guadagna col presente". Intanto innaffiamo.

venerdì 15 gennaio 2010

Internet? E' un'opportunità

Chiaro, accurato, profondo. L'articolo pubblicato sul Sole 24 Ore a firma di Luca De Biase è un ottimo punto di partenza per avere un'idea di cosa sia davvero Internet, al di là delle metafore e delle paure che accostiamo, magari inconsciamente, alla sua idea. La chiusura finale, parafrasi di una celebre frase kennediana, non poteva essere migliore.

giovedì 14 gennaio 2010

Da zero a 2010

Personalmente, le "top ten" non mi coinvolgono quasi mai. Stessa cosa per le liste dei consigli per l'anno nuovo. Un'eccezione è il post pubblicato da Social Media Marketing. I 10 consigli su come far entrare il Social Web nel marketing aziendale nel 2010 mi sembrano tutti molto sensati, comprensibili e, soprattutto, utili. Potrebbero essere utilizzati in ogni azienda italiana che voglia fare davvero qualcosa nella social communication. A patto di non stamparli per metterli nelle bacheche aziendali o distribuirli in allegato alle buste paga: è il mio personalissimo consiglio n. 11.

lunedì 11 gennaio 2010

Azienda e blog: come nasce una relazione

C'è una certezza: le aziende italiane, specialmente le PMI, sono quasi completamente estranee alla "rivoluzione sociale" in atto oggi sul Web. I social network sono percepiti dai vertici aziendali quasi esclusivamente come una minaccia alla produttività dei propri dipendenti (post dedicato al tema) e non come una risorsa da utilizzare per il (proprio) futuro. Non è poi così strano: le imprese italiane sono molto indietro per quanto riguarda molti aspetti legati al marketing e alla comunicazione, questa è un'altra certezza. Forse perché le redini del comando vengono mantenute da persone, spesso over 60, la cui cultura generazionale le porta a sottostimarne l'importanza. Da noi, il concetto "vendere, vendere, vendere" è ancora molto forte. C'è una strada da seguire per iniziare a portare le imprese verso il Web 2.0?

Il corporate blog può essere un'ottima soluzione, per più motivi. Ha una struttura molto semplice da realizzare e da comprendere, prevede bassi costi iniziali e permette di usufruire di una grande versatilità (si possono pubblicare testi, foto, video, podcast, sezioni interattive e molto altro). Per questo, è una piattaforma ideale per iniziare quel percorso di interattività e di creazione di relazioni, interne ed esterne all'azienda, che sta alla base stessa del successo dei social network. Attraverso il blog, l'azienda può comunicare attraverso testi realizzati dal Presidente (con toni necessariamente meno ingessati e formali rispetto al solito), con un magazine digitale, con una propria WebTV o WebRadio. Se da anni ci riescono i ragazzini, le potenzialità teoriche di un'azienda sono enormi. Con semplicità, bassi costi e... una facile verifica del ritorno dell'investimento in termini di accessi, numero di commenti e pagine visitate (non di vendite, mi raccomando!).

Attraverso il blog, un'azienda può iniziare a dialogare davvero in un'ottica bidirezionale, con i propri clienti (e non solo con l'ufficio stampa o la pubblicità) e i propri dipendenti (non più con le informazioni date in bacheca o nelle buste paga, come viene fatto da 40 anni). Loro possono dare feedback fondamentali per capire cosa sta funzionando e cosa no, quali strade si potrebbero seguire e contribuire così a creare relazioni fondamentali a livello di business. Qui sta la vera rivoluzione: non si deve solo parlare (spesso "con il megafono"), ma anche, e soprattutto, ascoltare. Con attenzione. Iniziare a riflettere su questa evoluzione dei ruoli sarebbe già un grande passo avanti per una PMI nostrana.

Gli esempi sono numerosi, specialmente negli Stati Uniti (alcuni sono citati su questo post di Visibility Magazine). Molte aziende italiane stanno cogliendo l'occasione offerta da questi mesi di magra per "aggiornare" i loro portali attraverso l'utilizzo di standard moderni (niente di fantascientifico, strutture ordinate, immagini in flash e testi non copiaeincollati). Devono rendersi conto che il Web si sta aggiornando anche lui e il 2.0 è pieno di opportunità. A patto che non lo si faccia perché bisogna "vendere, vendere, vendere" o perché lo fanno tutti. Iniziamo a comprendere l'importanza di costruire relazioni con i clienti, per farsi degli "amici" su Facebook c'è sempre tempo.