venerdì 23 aprile 2010

La fiera dell'utilità

Aprile, periodo di fiere. Come da molti anni non mi capitava, non ho eventi da gestire in una fiera e allora ho tempo di riflettere. La Fiera (con la F maiuscola) è, per qualsiasi azienda italiana, uno dei momenti chiave delle attività di marketing e comunicazione, il momento perfetto per promuovere i propri prodotti, la propria innovazione, i propri vantaggi competitivi accanto ad aziende che operano nel medesimo settore. Ci sono investimenti costosi, risorse dedicate, commerciali iperattivi e presenza del management a confermare l'importanza di questo momento. Questo dicono i manuali. Ma la realtà?

Nella mia esperienza, la parola "successo" non è stata nominata quasi mai dopo una fiera. Come mai? Dato l'investimento consistente che fa l'azienda (diciamo 50mila Euro come minimo della pena), si dovrebbero analizzarne i risultati secondo alcuni parametri, quantitativi e qualitativi:
  • Numero di visitatori passati per lo stand (database basato sulle informazioni disponibili, come biglietti da visita, moduli compilati, etc.);
  • Numero di clienti, fornitori e partner tra i visitatori passati per lo stand;
  • Numero di richieste di informazioni per prodotti specifici (moduli compilati o feedback dei dipendenti in fiera, per valutare quelli che hanno suscitato maggior interesse);
  • Numero di persone incontrate a diventare clienti (e che lo sono diventati, facendo una valutazione a posteriori);
  • Feedback avuti allo stand su pro e contro sulla partecipazione, sul personale e sui prodotti;
  • Feedback su comunicazione post fiera inviata alle persone incontrate per sapere se hanno trovato interessanti le nostre novità e annunci;
  • Feedback su apprezzamenti, curiosità e richieste fatte dai partecipanti.
Non sono dati così difficili da reperire, analizzare e utilizzare, "formando" adeguatamente le persone che dovranno operare in fiera. E sono informazioni potenzialmente utilissime. Ma poche aziende fanno analisi di questo tipo, per vari errori:
  • Mancanza di coordinamento: le varie persone presenti allo stand (standiste, commerciali, addetti stampa, persone del marketing, etc.) operano senza avere un'organizzazione generale, non sapendo cosa devono fare gli altri;
  • Mancanza di condivisione delle informazioni: i biglietti da visita vengono raccolti da persone differenti e non vengono condivisi, generando "buchi" negli elenchi dei partecipanti.
  • Disinteresse verso i risultati qualitativi: si contano le presenze ma nessuno sa quanti e quali visitatori hanno espresso pareri positivi o negativi.
  • Disinteresse verso i feedback: nessuna comunicazione viene inviata ai visitatori, ringraziandoli di essere venuti e chiedendo di far sapere eventuali suggerimenti.
L'azienda non deve mai dimenticare che anche per un visitatore andare in fiera costa tempo e denaro. Per questo, fa liste di contatti e di persone da vedere. Per attirare l'attenzione, spesso il brand dell'azienda non basta: ci vuole attenzione nella gestione del rapporto che si ha con il potenziale visitatore. Si ritorna, sempre, alla gestione della relazione, che può essere valorizzata dall'utilizzo consapevole e organizzato delle proprie risorse. Ha senso spendere 50mila Euro (e un sacco di tempo per i propri dipendenti) per una fiera quando, per esempio, il sito Internet è vecchio e non aggiornato? E se il visitatore scegliesse le aziende da andare a vedere proprio utilizzando il Web? Ma, soprattutto, nell'era della comunicazione digitale e dei social media, le fiere sono ancora così prioritarie? E ancora: il futuro è in Web-fiere accessibili solo via Internet? Ma questa è un'altra storia (per un altro post).   

Nessun commento:

Posta un commento