mercoledì 22 dicembre 2010

Il bilancio di Natale

Queste sono giornate da PSLA, che non è una malattia rara ma semplicemente il Post Sotto L'Albero. Qui trovate una selezione del meglio del meglio che c'è in Italia, un'idea che anno dopo anno resta sempre bellissima. Il mio intento natalizio è leggermente diverso, perché voglio fare un bilancio di cosa è andato bene e cosa meno nel mio 2010 ricco di novità. Il primo anno intero da "libero non professionista", con nuovi clienti, nuove procedure, nuove sfide e nuovi rapporti. Voglio scrivere qualcosa che possa essere utile per qualcuno, in primis per me perché non sempre si ha il tempo di riflettere su cosa si fa e come lo si fa. E ora lo voglio fare.

Cose che hanno funzionato:
  • Rapporti personali sempre nuovi: la mia nuova esperienza professionale mi ha dato la libertà necessaria per partecipare a eventi, fiere, iniziative, discussioni e convegni di mio interesse, personale e professionale. Non mi era capitato in agenzia, per ovvi motivi. Sia dal vivo che attraverso i Social Network ho avuto modo di conoscere numerosissime persone di grande qualità, competenza e passione, con cui ho avuto modo di confrontarmi sempre in modo del tutto civile e ironico. Facebook, Friendfeed e LinkedIn sono stati strumenti formidabili per rendere più semplice questo percorso, per avere la possibilità di chiedere pareri e consigli in tempo reale a gente che eccelle nei rispettivi campi. Chi dice che questi "social cosi" sono perdite di tempo, in parte ha ragione. Ma se uno impara a usare bene il suo tempo, sono risorse fenomenali.
  • Lavorare bene porta clienti: le aziende con cui ho lavorato quest'anno sono diverse e operano in settori molto variegati ma le ho trovate tutte, o quasi, grazie al lavoro che ho fatto negli anni scorsi. Vecchi clienti di agenzia che mi hanno cercato, vecchi collaboratori che mi hanno segnalato, imprenditori che ho incontrato personalmente e che hanno apprezzato il mio modo di fare. La qualità del lavoro paga, sempre e comunque. Non bisogna credere mai a chi dice il contrario.
  • Nuovi strumenti di lavoro, nuove esperienze: se prima lavoravo quasi esclusivamente nelle media relations, quest'anno mi sono specializzato nella gestione di progetti relativi alla creazione di contenuti per il Web e per la documentazione aziendale. E questo ha arricchito notevolmente il mio bagaglio professionale. Lo sviluppo del blog e la realizzazione di www.riccardopolesel.com mi hanno permesso di parlare di me, del mio lavoro e delle cose che faccio come non avevo mai fatto prima. In più mi hanno dato grandi spunti per leggere libri, per autoformarmi, per approfondire.     
Cose che non hanno funzionato:
  • New business da vecchia scuola: nei primi sei mesi del 2010 ho realizzato massicci invii di mail con studi, ricerche e approfondimenti per suscitare l'interesse di aziende di vari settori sui quali avevo esperienza (enogastromico, energie rinnovabili, edilizia, etc.). Aziende che non conoscevo direttamente, su cui ho realizzato database molto precisi e accurati, utilizzando un sacco di tempo. Risultato? Nessun cliente e pochissime richieste di informazioni. Il contatto personale paga, quello impersonale no.
  • Gestione del tempo: il 2010 è stato un anno di sperimentazioni per il mio project management, dato che dovevo gestirlo interamente da solo. I vecchi strumenti, accomunati dai diagrammi di Gantt, non sono stati proficui: non li aggiornavo e non mi erano utili. Ora sto provando nuovi software per vedere di trovarne uno adatto a me, ossia intuitivo, veloce e flessibile. Per gestire i contatti coi clienti, i progetti, le riunioni e l'andamento dei lavori in modo più efficace. E mettere l'agenda cartacea finalmente in soffitta.
  • Realizzazione di progetti collaborativi: quest'anno mi sono nate molte idee e molti spunti ma raramente li ho condivisi con qualcuno. I motivi sono vari, dall'incertezza del risultato alla mancanza di tempo da dedicare a qualcosa di extra. Nel 2011 voglio cambiare questo trend, concentrarmi su 2/3 idee e provare a coinvolgere qualche professionista del settore per vedere di discuterle, di approfondirle ed, eventualmente, di svilupparle. Non bisogna avere paura di condividere i propri progetti, non abbiamo niente da perdere. In questo senso, la rete ci offre le possibilità di realizzarli con l'aiuto di qualcuno.
Non mi resta che augurarvi buon Natale. E che il 2011 sia pieno di soddisfazioni. Io so già che, al di là del lavoro, il mio piccolo principe di 2 anni me ne darà sicuramente tante. Sono fortunato e non lo devo dimenticare mai.

venerdì 17 dicembre 2010

Il potere delle immagini

Alle aziende ripeto sempre che per comunicare bene servono tante cose e che non sempre è facile. Una delle cose semplici da fare, invece, è avere a disposizione un archivio di immagini di buona qualità. In qualsiasi contesto e per qualsiasi strumento, una foto può catturare l'attenzione di una persona molto meglio di un testo scritto ottimamente, dato che è in grado di risvegliare in noi un misto di fascino, passione e stupore. Anche le immagini di prodotti, di impianti industriali, di soluzioni tecnologiche, se realizzate con attenzione e professionalità, possono raggiungere livelli di tutto rispetto. Una turbina può essere "accattivante"? Impossibile, si direbbe. Ma mettendoci impegno e professionalità si possono ottenere ottimi risultati, come questo.

Una bella immagine ti spinge a leggere e, allo stesso tempo, ti fa dire "guarda che bravi". Un rafforzamento di "immagine", appunto, immediato a un costo molto contenuto. Provando a sfogliare i cataloghi e a consultare i siti aziendali, invece, ci si scontra con una moltitudine di foto brutte, minuscole, a bassa (o bassissima) definizione, con colori poco incisivi. Oppure si trovano belle immagini ma del tutto scollegate al contesto del loro contenitore (e magari pagate a caro prezzo), che non danno un significativo valore aggiunto alla comunicazione dell'impresa. Mi sono scontrato più volte con aziende che dicono "i miei prodotti sono brutti e non ci si può fare niente". Io rispondo sempre che non li si può rendere belli, ma interessanti sì. E si possono usare anche macchine non professionali, talvolta. Un esempio? Questa foto di copertina di un magazine aziendale l'ho fatta io con una compatta Canon da 3,2 megapixel durante un evento in Turchia. Sono autobetoniere, quelle che vediamo tutti i giorni per strada, quelle che lavorano il calcestruzzo. Non propriamente oggetti di design ma non sembrano affatto brutte se viste da questa prospettiva.

C'è un esempio che può chiarire bene quanto un'immagine possa spiegare meglio certe cose rispetto a concetti, tabelle e grafici. Spesso le aziende mi chiedono se la comunicazione online, in particolare sui Social Network, può essere importante per  loro. La mia risposta è sempre "dipende da voi e da cosa volete fare" ma d'ora in poi mostrerò anche l'immagine che c'è all'inizio di questo post. Si tratta della mappa che delinea la dislocazione geografica dei 500 milioni di utenti di Facebook. In Russia e Cina ci sono altri Social Network che dominano, è vero, ma fa impressione. Più di mille parole. Appunto.

venerdì 10 dicembre 2010

Dialogare con noi stessi

Tempo fa avevo scritto un post con un titolo che suonava, più o meno, così: "sono su Facebook. E adesso?" Questa domanda esprimeva pienamente il senso di curiosità e smarrimento che poteva provare un responsabile di un'azienda davanti a questo Social Media con oltre 500 milioni di utenti nel mondo. Ora la domanda che mi sono posto, mettendomi nei panni di un'azienda (anch'io, nel mio piccolo, sono di fatto una microimpresa), è questa: dato che il mondo "social" si arricchisce ogni giorno di più di nuovi posti dove andare, si deve essere ovunque? La risposta non può essere positiva, dato che ci sono strumenti che sono più affini al modo di essere e pensare di un'azienda che vuole comunicare. Come ho detto più volte, la presenza online deve seguire la "personalità" dell'impresa stessa (ne avevo parlato qui). Essere ovunque è un po' seguire le mode, cosa che una società non dovrebbe mai fare.

Ma è possibile cercare una risposta più completa ed esaustiva? Io oggi l'ho trovata. "In questo cielo di costellazioni occorre preventivamente studiare gli strumenti tecnologici, analizzare le proprie capacità, comunicare l’indispensabile, limitare la propria partecipazione a pochi “social network” indispensabili per il messaggio che si vuol trasmettere". Una risposta chiara e semplice, scritta da Massimo Melica sul suo blog (uno di quelli da seguire ogni giorno, puntuale e mai banale). Conoscere gli strumenti, conoscere sé stessi, sapere quello che si deve comunicare, puntare solo sugli strumenti più affini al messaggio. Quattro punti chiave che vanno benissimo per molte altre attività all'interno di un'azienda.

Il suo post termina così: "Alla fine, che si vinca o si perda, Internet resta il più avvincente strumento di “comunicazione introspettiva” in cui la scrittura digitale instaura, per paradosso, un dialogo verso se stessi e non solo verso gli altri". Attraverso Internet ci si può guardare anche allo specchio, con sincerità e serenità. Ne avevo già parlato ma le parole di Massimo Melica me le stampo e me le attacco di fronte alla scrivania.

(photo credits: Flickr, aldoaldoz)

lunedì 6 dicembre 2010

Il pre-partita IVA

Spesso mi chiedono consigli se aprire o meno la partita IVA. Per chi non ce l'ha, non c'è via di mezzo: o è una soluzione favolosa (lavori da solo, niente capi, prendi tutti i soldi del tuo lavoro, sei libero di prenderti le ferie quando vuoi, etc.) oppure è un bidone clamoroso (non puoi non essere un evasore, dipendi da quello che dice il commercialista, non hai lavoro sicuro, etc.). Come sempre, in medio stat virtus. Io ho 14 mesi di esperienza sulla partita IVA, l'ho aperta più per necessità che per scelta e, per questo, penso che possa essere utile dire la mia. Perché fino a un anno e mezzo fa non mi passava neanche per l'anticamera del cervello di fare il libero professionista (e non ho mai pensato di fare l'imprenditore, vediamo cosa succederà). Per questo, posso dare una versione molto semplificata della cosa. Vantaggi e svantaggi, senza tanti fronzoli, basati sulla mia esperienza. Perché il mondo del lavoro in Italia è un giungla. Se a qualcuno può essere utile, tanto meglio.
  • Modalità: aprire una partita IVA non costa nulla, basta recarsi all'ufficio dell'Agenzia dell'entrate più vicino, compilare i moduli e via. In più, la potete chiudere quando volete. Undici caratteri numerici che vi contraddistingueranno. Però deve essere chiaro quale regime si deve adottare (contribuenti minimi, regime agevolato, etc.) e quale lavoro si deve fare (ogni categoria professionale ha un suo codice ATECO) perché lo si deve segnalare subito sul modulo. Già da qui si capisce perché sia necessario avvalersi di un professionista o di un commercialista. La scelta è vostra, io vi consiglio di trovare una persona di assoluta fiducia. Siete soli contro la burocrazia, uno che risponde in fretta alle vostre (numerose) domande è opportuno averlo, sempre.
  • Rapporti col fisco e con le aziende: per i contribuenti minimi, è molto semplice, dato che serve solo tenere copia ordinata delle fatture e poco altro. Per altri regimi, ci sono altri obblighi, ma niente di cosi complesso. Questo vi servirà per fare il modello unico della dichiarazione dei redditi. Si fanno le fatture ai clienti, si spediscono (via posta e/o via mail, semplicemente) e ci si accerta che siano arrivate. I problemi verranno più dalle aziende, che vorranno avere chiarimenti su costi specifici o su varie modalità (come la ritenuta d'acconto, argomento che alle aziende sembra più misterioso dell'antico sanscrito). Altra conferma del fatto che serve qualcuno a cui chiedere (una circolare giusta al momento giusto è l'ideale per gli amministrativi che chiamano al telefono).
  • Costi: il costo del proprio lavoro è una delle cose più difficili da stimare, soprattutto se, come me, si arriva dallo status di dipendente. Io ho scelto di utilizzare un costo orario ma le possibilità sono molte. I clienti diranno sempre, e dico sempre, che siete cari (deformazione professionale) ma per loro avere un consulente con partita IVA ha dei vantaggi evidenti nel rapporto costi/benefici (qui ci si può fare un'idea). C'è il luogo comune che i liberi professionisti siano tutti evasori. Per quanto riguarda i consulenti aziendali, il discorso non sussiste. Perché? Il motivo è semplice, alle aziende clienti (quelle che pagano) conviene che si fatturi. Leggete qui, è tutto molto chiaro.
  • Opportunità: aprire la partita IVA offre sicuramente la possibilità di lavorare da soli, senza capi che vi stressano o che vi dicano cosa fare. Vi dico però una cosa: certe volte un capo lo desidererete. Impossibile? Quando dovrete affrontare i chiarimenti dei clienti, succederà. Ma la cosa più importante nello scegliere o meno di diventare liberi professionisti è avere, almeno, un cliente sicuro al 100% con cui partire. 100% non è 99%, sottolineo. Perché? Questo è il quadro: firmate il contratto oggi, la fattura gliela mandate a fine mese (passano 30 giorni), loro pagano a 30 o a 60 giorni (ossia, 60 o 90 dopo la firma), tenendo conto di aggiungere 10-15 giorni più un paio di solleciti telefonici. Vuol dire attendere almeno 2 mesi e mezzo prima di vedere i soldi reali, in un'ipotesi ottimistica. Se ci aggiungete il tempo di dover trovare un cliente, la vita diventa molto, molto difficile.
Questi sono solo semplici considerazioni fatte da chi certe cose le ha passate. In alcuni casi andrà meglio, in altri peggio. E ho tralasciato alcune parti fondamentali, come gli F24 da pagare in banca per fare i versamenti fiscali, contributivi e previdenziali, magari ne parlerò in un altro post. Però voglio dare qualche utile consiglio a chi, come me, si è trovato a dover chiedere consigli sulla partita IVA. Su Internet troverete molte cose ma il 95% di queste sono del tutto inutili o incomprensibili. Se riesco ad aiutare almeno una persona, il mio obiettivo l'ho raggiunto. Fatemi sapere.

mercoledì 1 dicembre 2010

Un contributo per l'Open Government

Ieri, 30 Novembre, all'IGF Italia è stato presentato il Manifesto per l'Open Government (che si può leggere anche qui). Cos'è? Si tratta del frutto del lavoro di diversi professionisti, accomunati dalla voglia di promuovere l’innovazione all’interno del Paese e della Pubblica Amministrazione, che si sono incontrati e confrontati su questi temi (ne avevo già parlato in questo post). Portare l'innovazione nella PA sembra solo un consumato e poco credibile slogan elettorale, un proposito quasi impossibile da attuare. In un'Italia impantanata in patologie istituzionali e politiche, chi vuoi che ci perda del tempo ormai? Loro invece ci credono. Va bene, hanno scritto un manifesto, mica hanno fatto una rivoluzione. Ma la cosa più importante è che hanno creduto nei contributi delle persone, che hanno espresso liberamente opinioni, pareri e critiche sul loro operato. Sul loro blog, sui social media, via e-mail, di persona. 

"Per rendere il nostro lavoro il più condiviso possibile, abbiamo pensato di coinvolgere tutti coloro che vogliono fornire un contributo di valore per la redazione del Manifesto" era scritto sul blog. Io, come tante altre persone (i nomi si leggono nei commenti), ho espresso il mio parere su due dei principi enunciati. Nel principio 7, che prevede di educare i cittadini alla partecipazione per la gestione della cosa pubblica, avrei voluto che fosse più sottolineato il fatto che necessita una formazione specifica per tutte quelle persone che, essenzialmente per motivi anagrafici, non conoscono le opportunità offerte dalla rete. Per quanto riguarda il principio 8, relativo alla promozione dell'accesso alla rete, ho proposto che fosse evidenziato maggiormente il "come" si può promuovere la cultura d'uso. Ho detto la mia, contando su una piccola riflessione dei promotori ma non molto di più.

Leggo oggi il Manifesto ufficiale. Gli "idonei percorsi formativi" inseriti nel principio 7 e la "società dell'informazione pienamente inclusiva" del principio 8 sono termini che nella versione iniziale non c'erano. Derivano dalla riflessione fatta dopo aver letto gli emendamenti proposti da me e da altri. Cosa vuol dire questo, che cambieranno il mondo? No, nessuna illusione. Ma sapere che professionisti di vari settori si impegnano per portare l'innovazione nella Pubblica Amministrazione e, semplicemente, riflettono su quello che dicono o scrivono altre persone mi spinge ad essere ottimista. Il filosofo Cleobulo diceva che è "meglio ascoltare che parlare molto". Una lezione che sarebbe molto utile per molti, troppi politici italiani.

(photo credit: Illustir su Flickr)