lunedì 7 febbraio 2011

Piccole certezze e grandi bugie

Sto leggendo "Il Cigno nero" di Nassin Nicholas Taleb, libro molto famoso. Non voglio trarre conclusioni, tranne quella che dalle parole dell'autore sgorga un'arroganza talmente diretta e consapevole da risultare quasi simpatica. Mi ha fatto pensare il paragrafo dedicato al "problema degli esperti", i quali, secondo Taleb, si avvicinano molto agli imbroglioni. Solo le cose che non si muovono, che non si trasformano nel tempo (ad esempio, le foto satellitari, gli scacchi, l'astronomia, etc.), possono avere dei veri esperti, mentre quelle che, in qualche modo, devono prevedere il futuro non ne hanno. Il mio lavoro cade inequivocabilmente nel secondo tipo. Come ho imparato dalle ottime persone con cui ho avuto la fortuna di lavorare, il nostro lavoro deve avere degli obiettivi e deve dare dei risultati, tangibili e misurabili. Senza la possibilità di valutare quello che si è fatto, non si può capire come lo si è fatto. Secondo Taleb, le previsioni analizzano solo fattori previsti e prevedibili e, per questo, escludono la possibilità di eventi imprevisti. Le previsioni non si possono fare perché i fattori sono troppi e trascuriamo troppe fonti d'incertezza. Non è un male, secondo lui, ma bisogna tenere conto di questo. Io sono d'accordo.

Prendiamo un mio caso professionale, come esempio. Ho appena chiuso due report di analisi di lavori che ho fatto. In uno, avevo previsto quanti articoli sarebbero usciti dopo aver "lanciato" una notizia,  in base alla mia valutazione della forza dell'annuncio e del numero di media potenzialmente interessati. Poi ho sentito direttamente varie persone che avevano visto quella notizia, sentendo da loro pareri e opinioni in merito, e ho aggiornato il numero iniziale in base questi. Li ho analizzati secondo tre fattori derivati dalla mia esperienza:
  • Se una notizia interessa alla persona che hai sentito, non è detto che poi la pubblichi perché deve sottostare a delle regole che non decide lei.
  • Nel momento in cui la persona ti risponde, non sa che notizie le arriveranno nei minuti, ore e giorni seguenti, che non dipendono da te né da lei.
  • Si tende ad ascoltare le cose positive e meno quelle negative, un "direi che probabilmente lo pubblico, ti farò sapere" si trasforma in un "sicuramente lo pubblicherò, lo giuro su mia madre" e ci cadiamo tutti, siamo umani.
I risultati? Nei vari report avevo previsto un numero di articoli variabile, diciamo tra 35-40. Ne sono arrivati 50. Bene, siamo andati oltre le aspettative, che ci importa? Certo, ma c'è anche un errore del 20% nelle previsioni (e non è mica poco), sono usciti molti articoli che non prevedevo e non ne sono usciti altri che consideravo "sicuri". Questo cosa vuol dire? Che puoi dare ai tuoi clienti solo alcuni obiettivi tangibili e misurabili, altri no.

I tuoi clienti chiederanno sempre "quanti prodotti in più mi farai vendere?" e basta rispondere, semplicemente, che è una domanda sbagliata. Io devo dimostrare di fare bene il mio lavoro. Se loro produrranno buoni prodotti, li venderanno a buoni prezzi, risponderanno prontamente a telefonate e mail, anche loro avranno fatto un buon lavoro. E questo produce, quasi sempre, buoni risultati. Quasi sempre? Certo, non viviamo mica in un mondo perfetto. Meglio è la piccola certezza che la gran bugia diceva Leonardo da Vinci, ossia uno che ha previsto le macchine del futuro. Senza saperlo.

(photo credits: Flickr, pierre pouliquin)

3 commenti:

  1. Il tuo lavoro è far sapere che qualcuno ha dei buoni prodotti in vendita. Il venderli spetta ai venditori... appunto.

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  2. Franz, ad ognuno il suo mestiere. Mentre, spesso, le aziende pretendono che le persone del marketing/comunicazione facciano miracoli. Forse perché tanti nostri colleghi promettono solennemente di farli davvero? ;-)

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  3. Esatto. C'è in giro una pressappochismo e che scredita la categoria e millantatori a josa

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