giovedì 21 luglio 2011

Il cliente non è mai come sembra

Raccontare un'azienda è terribilmente difficile. Perché si tratta di un progetto che, anche se a molti non sembra (specialmente ai responsabili delle società stesse), è molto complesso: bisogna trovare le informazioni (aprendo letteralmente armadi e PC, dove sono nascosti tesori inestimabili e dimenticati da tutti), capire quali dati possono essere giusti per descriverla, comprendere cosa cercano i suoi clienti, sintetizzare gli asset strategici, parlare con le persone che ci lavorano e riassumere il tutto in un progetto che includa strategia e analisi dei risultati. Spesso abbiamo difficoltà a descrivere noi stessi, che ci conosciamo dalla nascita, pensate a quanto può essere complicato farlo per un'organizzazione che, in più, parla per vendere. Ci vuole studio, analisi, formazione, esperienza e, anche, un po' di intuito. "Content comes first" dicono negli States. Tuttavia, spesso di riduce tutto a "cosa ci vuole a scrivere dieci testi fatti bene?" Il problema, grosso, è che spesso le stesse persone che pronunciano queste parole hanno una scarsissima conoscenza di cosa leggono i loro clienti, di cosa interessa loro davvero, di cosa guardano. Non è un buon punto di partenza.

Solo facendo alcuni sondaggi, alcuni test e alcune domande ai clienti, ossia coinvolgendoli direttamente, possiamo capire davvero cosa interessa loro. In base a questo, daremo loro le informazioni di cui hanno bisogno. Il buon senso, purtroppo o per fortuna, non basta. Un esempio? Prendiamo la foto qui sotto, una pubblicità di una nota marca di scarpe, e chiediamoci: colpisce l'attenzione dei loro target, ossia le donne, e fa vendere queste scarpe sportive?


La reazione immediata (anche la mia, lo ammetto) è questa: perché mettono una modella nuda con le scarpe se vogliono vendere quelle scarpe a delle donne? Non hanno sbagliato target, visto che questa foto colpisce sicuramente più un uomo? In quest'occasione, non faccio considerazioni di buon gusto (le faccio spesso sui Social Network, dando giudizi non molto positivi come qui) ma offro solo dei risultati tangibili e oggettivi di un test di Eye tracking (processo che misura dove guardiamo e quando a lungo) su cui riflettere:
  • tutte le donne che hanno guardato questa immagine hanno osservato le scarpe e lo hanno fatto a lungo, per almeno un secondo e mezzo (non è poco).
  • tutti gli uomini hanno guardato molto più a lungo il viso (4,2 secondi) rispetto tutto il resto, sedere compreso. 
Non ci credete? Leggete qui, c'è l'analisi completa. Questo test, insomma, ha dato risultati molto sorprendenti, anche per me. Per questo dico che prima di comunicare bisogna conoscere molto bene quelli a cui si parla, se il proprio interesse è quello di "vendere" qualcosa. Ripeto, a me le pubblicità con sederi "buttati là" senza alcuna idea creativa non piacciono ma una riflessione in più non fa mai male.

In uno dei prossimi post parlerò di quanto sia importante l'organizzazione di un testo non solo per attirare l'attenzione del lettore ma anche per fargli ricordare quello che scriviamo. Tuttavia, sento che non siete ancora convinti del test citato. E, per questo, ne propongo un altro (grazie a Sean Carlos per il suggerimento su Friendfeed). Se guardate la foto in basso (si tratta di George Brett, ex giocatore di baseball e leggenda vivente dei Kansas City Royals), sono evidenziate le aree dove uomini e donne hanno focalizzato più a lungo il loro sguardo. No, nessun errore: i risultati degli uomini sono quelli a sinistra.



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