giovedì 27 ottobre 2011

Idee chiare sempre, anche in fiera

Francesco Tioli, il primo a destra, e parte del team OLI
al Samoter 2011
Certe chiacchierate di lavoro nascono così, dal nulla, solo per condividere un'idea o un'opinione, e diventano discussioni molto valide. Questo è accaduto qualche giorno fa parlando di fiere, un tema che tratto spesso (vedi  qui) perché è uno dei rari momenti di comunicazione che le aziende italiane percepiscono come fondamentale, non sempre a ragione. Si parlava del SAIE 2011, manifestazione sul mondo dell'edilizia italiana giudicata molto deludente da un giovane responsabile di un'azienda con cui collaboro. Se cercate sul Web, troverete numeri e giudizi esaltanti sulla fiera (come qui), ma li troverete sempre, per chi organizza è sempre e comunque un successo: un grosso limite a livello di credibilità. A me invece interessa approfondire il punto di vista di chi ci va per lavoro, per trovare contatti utili, per annusare l'aria del mercato. Come me la pensa Francesco Tioli, quasi 31 anni, del Sales Department della OLI di Medolla (Modena).

Ciao Francesco, siete andati al SAIE con uno stand e al MADE Expo (organizzato negli stessi, identici giorni ndr) come visitatori: un giudizio?
La mia opinione, e non da oggi, è che siano fiere preistoriche e sorpassate già da qualche anno, oltre ad essere molto costose e, forse, poco credibili. Ho ricevuto due e-mail dove gli organizzatori saltavano la gioia degli espositori e i numeri dei visitatori: mi sono quasi vergognato per loro, non era assolutamente quello che ha visto chiunque ci sia andato. C'è da riflettere su questo.

Hai un approccio sincero e diretto, lo stesso che ho visto in fiera. Un atteggiamento molto diverso da tanti altri, anche nel rapporto coi vari competitor.
Il comportamento da tenere in fiera è lo stesso da tenere in ogni momento della nostra vita da commerciali. Noi abbiamo la fortuna di essere stati “cresciuti e formati” in un’azienda che della parola concorrente ne ha fatto un significato e uno stile diverso. Concorrenti non sono mai stati coloro con cui non si deve parlare e che devono essere“massacrati” al fine di portare a termine la trattativa con i clienti. Al contrario, sono persone con le quali si divide un mercato, con le quali ci si spartisce informazioni e ai quali dobbiamo strappare i clienti con la forza del servizio e del prodotto, e non con la forza della presunzione. Questo ci porta ad avere un sorriso non obbligato e una naturale disponibilità a uno scambio di saluti verso chiunque si presenti e voglia di interagire con noi. C'è sempre molto da imparare.

Condivido quello che dici ma non è un approccio facile. Mi puoi fare un esempio pratico?
Tante volte mi sono fermato in stand di concorrenti per cercare di fare due chiacchiere, educatamente, con i loro ragazzi, ma c’era sempre un piccolo muro tra di noi. Li ho anche invitati a prendere il caffè nel nostro stand e… sto ancora aspettando. Altre volte invece sono andato in altri stand, ci sono stato una mezz’ora abbondante, abbiamo parlato del più e del meno e mi hanno offerto loro il caffè. Poteva essere corretto col cianuro ma sono stati molto gentili… ed io sono ancora vivo! Una differenza sostanziale. E non è così difficile.

Siete tutti giovani in azienda, forse essere cortesi e spontanei vi viene più naturale di altri. Mi puoi svelare altri segreti per migliorare l'approccio con i visitatori in fiera?
In Germania moltissimi espositori, dalle piccole ditte familiari alle grandi multinazionali, tendono a trasformare lo stand in qualcosa di interattivo con i clienti o potenziali tali. Ruote della fortuna, concorsi a premi o “stime di peso” con cui vincere prodotti Hi-Tech o semplici palloni, tutte iniziative che portavano costantemente gente al loro interno. Cosa importante, il target di età e professionalità non era affatto basso, non erano ragazzini. Tutti sembravano rilassati e sorridenti, pure i tedeschi (Francesco ride). Non credo che il segreto sia fare lotterie ma far capire alla gente la propria elasticità, cosa che serve ad abbattere i primi muri che ostacolano la conversazione.

Torniamo in Italia, al SAIE di Bologna. Cosa ha funzionato e cosa no, secondo te?
Obiettivamente, il nostro stand poteva essere curato meglio, responsabilità che condividiamo con l’ente fiera. Tuttavia, anche in questo caso, i pochi visitatori che sono passati hanno dimostrato di volerci conoscere meglio. Se l'azienda investe tempo e denaro in modo costruttivo, si possono sempre creare e rafforzare relazioni, in modo veloce ed efficace. Prendo ad esempio OLI Germania, la nostra filiale tedesca: i ragazzi hanno lavorato benissimo prima della fiera Powtech di Norimberga, telefonando ai clienti e invitandoli personalmente a visitare lo stand per prendersi anche "un caffè italiano", sfruttando la provenienza del gruppo. Un'idea semplice ma gestita benissimo, i risultati si sono visti già dal primo giorno.

Chi viene da voi in fiera percepisce che siete una PMI italiana in costante crescita e con sedici filiali nel mondo?
Questo è un punto a nostro sfavore, non riusciamo a far capire quanto siamo grandi e che potenzialità abbiamo. Facendo parte di un grande gruppo italiano, WAM Group, un assoluto leader nei suoi settori di riferimento, spesso veniamo percepiti come un semplice satellite di WAM e non per quello che siamo realmente, ossia una delle sue punte di diamante. Sta a noi far cambiare questa idea. Ad esempio, la fase post fiera è sempre stata fatta con massimo impegno ma senza utilizzare regole precise e condivise, dall'invio di documentazione alle telefonate di follow-up. Probabilmente, già una semplice lettera di ringraziamento a chi è passato per lo stand farebbe capire quanto ci teniamo davvero a loro. Oggi non glielo comunichiamo, questo è un limite che dobbiamo superare.

Concludendo, qual'è il vostro vero segreto, il punto di forza principale, in fiera e fuori?
Sono due, l'elasticità e un servizio a 360 gradi, due vantaggi reali per il cliente. Ma, come dicevo prima, glielo comunichiamo troppo poco. Dovremmo metterli in mostra in fiera, sul sito, sui cataloghi, ovunque. Dobbiamo migliorare e lo sappiamo, ci stiamo già lavorando su.

Le opinioni di Francesco sono molto importanti. Perché vengono da un ragazzo di 31 anni (non ancora compiuti) che è uno dei punti di forza di una società italiana che opera a livello mondiale. In OLI non è affatto un caso raro: Luca Paltrinieri, che si occupa del marketing, non ha neanche 28 anni. Speriamo ce ne siano tanti in giro di trentenni con le idee chiare e che, soprattutto, abbiano l'opportunità di metterle in pratica. Le nostre imprese ne hanno un disperato bisogno.

Nessun commento:

Posta un commento