mercoledì 29 febbraio 2012

Due discipline per un marketing in evoluzione

Stockton-Malone: ruoli diversi, stessa squadra
In un periodo di forte sviluppo e innovazione per la comunicazione online, è facile affrontare vari temi, diversi tra loro, e cercare per forza di trovare un filone comune, per semplificare il quadro. Ho letto questo bell'articolo sulle differenze tra il Social Media Marketing e il Content Marketing: come dice l'autore, sono sicuro che molte aziende (anche italiane) li considerano sinonimi e non è così, basta guardare Wikipedia. Certo, hanno molti aspetti in comune, molti campi dove si sovrappongono, ma sono essenzialmente diversi e vedo di spiegarlo in poche parole e qualche metafora:
  • Campo di gioco: il Social Media Marketing si gioca sempre fuori casa, in campi molto grandi e con regole diverse in base alla squadra che ci ospita, dove il livello competitivo è molto alto e ogni errore si paga caro. Il Content Marketing si gioca in casa, sul nostro campo/sito molto più piccolo e con regole molto più omogenee, dove abbiamo molto più tempo per ragionare e creare le azioni da gol.
  • Tipologia di messaggi: il Social Media Marketing serve in una partita di tennis, dove ci sono moltissimi scambi brevi ma intensi, dove un colpo vincente può essere decisivo anche per i successivi, dove spesso si deve ricominciare da zero a zero. Il Content Marketing è utile per una partita di calcio, dove la partita dura sempre almeno 90 minuti, dove la tattica può essere modificata gradualmente, dove può essere sufficiente fare pochi gol e difendersi con ordine.
  • Obiettivi: Il Social Media Marketing permette di ottenere grandi risultati se vendi al mercato, dove hai moltissimi potenziali interlocutori ed è fondamentale distinguere il tuo brand da quelli vicini, creandosi un vantaggio competitivo grazie a relazioni con i clienti gestite ogni volta in un posto diverso. Il Content Marketing serve se hai un negozio che vende prodotti specifici, se devi attirare clienti grazie a un'offerta particolare e personalizzata, dove devi concentrarti nell'ottenere il massimo risultato dalle poche interazioni che hai con chi entra dalla tua porta. 
Ovviamente, le metafore servono ma fino a un certo punto. Le due discipline non sono affatto antagoniste ma perfettamente complementari: se vendi prodotti caseari, puoi fare uno spaccio curato in azienda e andare a vendere anche al mercato. La cosa veramente importante è essere consapevoli delle differenze che esistono tra le due cose. In primis, sui contenuti che devono essere realizzati.

I nuovi sviluppi tecnologici, in primis l'esplosione del fenomeno tablet, permettono di usufruire di contenuti più ampi, particolari e dettagliati con maggiore semplicità. Lo scroll, lo "scorrere" della pagina dall'inzio alla fine, risulta molto più agevole con un iPad, usando le dita, rispetto a un PC. Per questo, è opportuno ribadirlo, le aziende dovrebbero iniziare a concentrarsi molto di più sul loro ruolo di "produttori" di contenuti, non solo di testi ma anche di immagini, video e altre cose. Per poi adattarsi in base al luogo dove si trovano ad operare, che spesso ha regole proprie e particolari. Ma se un'impresa impara come vincere in casa e fuori casa, il campionato alla fine lo vince.

lunedì 27 febbraio 2012

Il futuro dei media: l'esperimento spagnolo

Leggendo un post di Luca De Biase, ho scoperto un'interessante ricerca fatta dal Berkman Center di Harvard sul rapporto tra giovani e media digitali per quanto riguarda la qualità dell'informazione. La si può scaricare qui, gratis e senza alcuna registrazione.Uno degli argomenti più rilevanti è che il grande aumento di produttori di contenuti avvenuto con Internet ha comportato una rivoluzione nel mondo dell'informazione. Di per sé, questa non può non essere giudicata una notizia positiva. Tuttavia, come accade sempre per questioni complesse come questa, c'è un altro lato della medaglia: le troppe informazioni rendono più difficile la selezione, la percezione della qualità e dell'affidabilità delle stesse. Come filtrarle? Su questo tema uscirà tra qualche mese un interessante libro di Alessandra Farabegoli che uscirà a breve, ma torniamo ai giovani.

I ragazzi, come facciamo tutti, cercano le informazioni con i motori di ricerca. La quantità dei risultati, non sempre ordinati secondo criteri comprensibili e chiari, genera frustrazione e ansia. Hanno poco tempo per trovare quello che cercano e la limitata qualità media di ciò che ottengono può comportare l'abbandono della ricerca. Oppure, aggiungo io, la selezione acritica delle notizie che si aspettano di trovare. Come ho già detto, io mi sono imposto di limitare le mie ricerche su Google per ottimizzare il mio tempo di ricerca e puntare su risorse informative di cui ho testato, nel tempo, la qualità e l'affidabilità. Le persone contano più di un algoritmo, almeno per ora. Questo tuttavia vale per le questioni che conosco bene, di cui ho riferimenti chiari ed evidenti. Per tutto il resto, i motori di ricerca sono l'unica alternativa a media tradizionali in forte crisi di credibilità (e di sostenibilità economica) in questa rivoluzione dell'informazione.

Cosa si può fare? Lo scenario è incerto e in evoluzione. Tuttavia, nonostante tutto, dei media abbiamo tutti un reale bisogno. Non abbiamo né il tempo né le competenze per selezionare tutti i tweet affidabili, ad esempio, in un flusso che sta diventando sempre più copioso. Ci serve qualcuno che faccia un rigoroso e credibile controllo dei fatti per conto nostro. Resto convinto che il giornalismo possa svilupparsi grazie a Internet ma, ad oggi, non esiste un modello preciso. Le riflessioni sono molte, le possibilità pure. Però mi sbilancio e scommetto deciso sul modello El Pais spagnolo, che sta portando avanti una rivoluzione coraggiosa dove la distinzione tra cartaceo e digitale non esiste più (vedi sotto). Un giornale che diventa rete, che va verso il lettore, che non ha paura di Internet, che vuole offrire "qualità e rigore" in ogni sua espressione, con qualunque mezzo. Questo probabilmente è quello di cui abbiamo bisogno.



venerdì 24 febbraio 2012

Un viaggio inizia sempre con un solo passo (anche nel marketing online)


Qual'è la percezione delle PMI italiane a proposito di marketing e comunicazione via Internet ed eCommerce? Quali differenze ci sono rispetto a piccole e medie imprese di altri Paesi? Una bella ricerca di Epson, citata nel blog "In cerca di idee" del Sole 24 Ore, ci offre uno spaccato molto puntuale e realistico della situazione delle microimprese da 1 a 10 dipendenti, ossia il 94,7% delle aziende italiane. Dati (la ricerca completa è qui) che confermano una base culturale molto migliorabile da questo punto di vista, con diversi spunti da approfondire. Ne propongo alcuni.
  • L'eCommerce è importante, i dispositivi e l'infrastruttura IT possono aspettare: l'85% degli interistati sostiene che le vendite online sono una buona opportunità di business (in UK è solo il 59%) ma non si investe in PC nuovi e solo il 59% ritiene importante aggiornare costantemente le soluzioni tecnologiche utilizzate (in Spagna il dato è al 93%). Sarebbe come sostenere che è importante utilizzare un'auto che non inquini l'ambiente e poi continuare a girare con una Euro 1.
  • Badiamo a sopravvivere, non a cercare nuovi clienti: mantenere costanti le prestazioni a livello di business e stabilizzare la situazione sono le due priorità, atteggiamenti comprensibili vista la situazione ma fino a un certo punto. Perché solo il 19% delle PMI sta perseguendo una strategia di crescita (36% la media dei 5 Paesi analizzati). Sarebbe come sostenere che si vuole fermare il crollo di una diga continuando a mettere le dita nei buchi e non pensando a come risolvere la situazione in modo più duraturo ed efficace.
  • Bello il marketing online ma ho già troppe cose da fare per impegnarmi davvero: il 72% delle PMI italiane lo ritiene uno strumento importante per competere anche con le grandi aziende (secondo il 59% degli intervistati). Tuttavia, un'azienda su due dice che ha troppe cose da fare per utilizzarlo come si deve. Sarebbe come sostenere... va bene, basta pensare alla volpe e l'uva
  • Marketing online? Non sappiamo da dove iniziare: il 60% degli intervistati italiani dichiara di non sapere cosa fare quando si tratta di marketing online (secondo la mia esperienza diretta, si tratta di un dato forse ancora troppo ottimistico). Sempre il 60% delle PMI italiane teme di restare indietro se non inizia ad aumentare la propria presenza online. Ma non fanno molto né per imparare né per mettere in pratica quanto appreso. Questi dati non hanno bisogno di metafore, parlano già da soli.
Il quadro che ne esce è, in verità, lo stesso che ho visto io in questi 10 anni. Molti dicono di crederci nel marketing e nella comunicazione, con o senza Internet, e poi fanno poco o nulla per mettere in pratica questa convinzione. La frase che riassume il tutto è "intanto bado a sopravvivere, domani si vedrà". Si tratta di una strategia di breve, brevissimo periodo. E poi?

Le opinioni sono importanti ma contano i fatti. Cara PMI, non sai da dove iniziare? Chiedi a un esperto, ce ne sono tanti di bravi in giro (ecco un'opportunità fresca fresca). Basta capire che investendo poco oggi, domani si avrà un vantaggio competitivo enorme nei confronti dei tuoi concorrenti, perché il mondo va verso quella direzione. Ogni viaggio inizia con un solo passo, dice un proverbio cinese. Cara PMI, fallo quel passo. Oggi.

mercoledì 22 febbraio 2012

The sun always shines on TV


Nelle ultime settimane molti articoli hanno enfatizzato il primato mondiale raggiunto dall'Italia a livello di impianti fotovoltaici installati. "Abbiamo superato perfino la Germania", questo il mantra (un esempio qui). Come bisogna fare sempre, c'è da entrare più nel dettaglio delle questioni per capire bene la situazione, compreso il rapporto sempre caldo (vedi qui) tra l'aumento dei pannelli solari (e degli incentivi a loro legati) e i costi delle bollette, che ho già analizzato. A me di avere più impianti di tedeschi, americani e cinesi fa piacere ma, come sempre accade per questo tipo di classifiche, non è la cosa più importante. Andiamo ad analizzare altre fonti in Rete, dato che abbiamo questa enorme possibilità di approfondimento e analisi delle notizie.

Il nostro primato è sottolineato da molte fonti, compreso Il Sole 24 Ore e molti media dedicati al settore Green (vedi qui e qui). No, aspettate un attimo. Gli ultimi dati tedeschi dimostrano che non c'è stato un loro calo, atteso a fine 2011, ma un dato record (vedi qui il documento ufficiale) che mette in dubbio anche il nostro primo posto. Dato che non stiamo facendo una competizione sportiva, del primato mi interessa poco: siamo vicinissimi al Paese che da un decennio è leader mondiale in questo settore ed è un dato di fatto positivo. Tuttavia, la domanda sorge spontanea: perché la Germania ha fatto questo sprint alla fine del 2011? Perché nel 2012 saranno nettamente ridotti gli incentivi. Il mercato tedesco ha superato certe soglie e, comprensibilmente, è stato deciso di diminuire l'impatto delle tariffe incentivanti. Questo ha comportato, allo stesso tempo, una brusca diminuzione dei prezzi dei prodotti, molto più significativa rispetto a tutti gli altri Paesi europei, altro fattore che ha agevolato questo piccolo boom.

Si capisce bene che le "classifiche solari" lasciano il tempo che trovano. Ma torniamo all'Italia. Abbiamo un numero elevatissimo di pannelli fotovoltaici ma installati senza criteri omogenei e senza un progetto industriale adeguato. Il 94% dei prodotti è realizzato in Cina e non esiste, oggi, un piano operativo di Governo che vada oltre il quarto Conto Energia. Abbiamo eccellenze a livelli di qualità produttiva che potrebbero sviluppare il business solare sia verso il mercato interno che estero, se adeguatamente supportate: l'integrazione architettonica e innovazione estetica degli impianti fotovoltaici potrebbero rappresentare nuovi campi per il "made in Italy". La nascita di altri conti energia negli Stati Uniti, in Giappone e, soprattutto, in Cina potrebbero essere opportunità fondamentali per le nostre imprese ma c'è la necessità che il Governo preveda un vero e proprio piano industriale in questo senso. Le PMI hanno già fatto miracoli, non possono farli per sempre.

Leggere sui media che siamo i primi al mondo nel fotovoltaico installato quindi fa sorridere un po' amaramente, perché forse stiamo perdendo un'occasione unica di rilancio economico. Mi piacerebbe leggere di un piano del Governo a lungo termine, con incentivi per la produzione e non solo per la realizzazione degli impianti. Qualche buona notizia c'è in questo senso: teniamo d'occhio queste news, non le classifiche. A proposito, sapete quanta energia elettrica produciamo con i pannelli fotovoltaici? Lo 0,6% del totale nel 2010 (dati GSE). La strada è ancora lunga.

(il titolo è derivato da una hit degli a-ha del 1985, la foto è mia, un'alba a Kangaroo Island, in Australia)

lunedì 20 febbraio 2012

Illusioni perdute, verità ritrovate

Le farfalle sulla RAI, prima di Sanremo 2012
L'enorme successo socialmediatico di Sanremo porta con sé alcune veloci considerazioni, una su tutte: si tratta della "ennesima conferma che i social media sono prevalentemente mezzi di distribuzione sociale dei mezzi di massa, con Facebook e Twitter a giocare ruoli diversi ma complementari alla diffusione promozionale dell’evento canoro nazional-popolare" (citazione da un post di PierLuca Santoro). Non si tratta di un dato di fatto di poco conto. I Social Media, oggi, anno del Signore 2012, svolgono prevalentemente un ruolo di supporto ai mass media, non alternativo. Questo mi è sempre stato abbastanza chiaro, visto che ho una formazione classica a livello di comunicazione e non ho mai postulato la supremazia di un media su un altro. Ma per molta gente, che si era fatta prendere la mano dalla "rivoluzione sociale", si tratta di un bagno di realtà oggettivo e utile.

Le analisi filosofico-sociali non sono il mio campo, a me è sempre importato l'aspetto relativo alla comunicazione aziendale. Ho sempre detto ai miei clienti che i Social Network non sono una necessità assoluta ("fish where the fishes are" dicono gli anglosassoni) e che, se si decide di utilizzare questi canali, si deve essere pronti da più punti di vista. Ma non fanno miracoli, mai. Per scrivere un capitolo del libro (ne saprete qualcosa di più a breve), sono andato a leggermi tutte le recensioni fatte qualche anno fa dai media, tradizionali e non, per l'avvento di Second Life. Ve li ricordate? L'entusiasmo era alle stelle e le multinazionali che avevano deciso investimenti cospicui. Poi, come sappiamo, si rivelò un fallimento, con migliaia di negozi e isole virtuali deserte e decadenti. Forse avevamo sopravvalutato tutti la cosa: per alcuni era stata un'ottima lezione, per tanti altri no.

Per mesi ho visto analisi e recensioni che sottolineavano la morte dei media tradizionali in un futuro prossimo, soppiantati dai Social Media: più veloci, più coinvolgenti, più personali. La tendenza mi sembra molto meno decisa e ineluttabile. I mass media si stanno trasformando, forse troppo lentamente, per venire incontro alle esigenze degli utenti e non stanno ottenendo risultati drammatici, tutt'altro. Un esempio, proprio legato indirettamente a Sanremo, è quello della Rai, che ha raggiunto risultati notevoli sul Web. Per questo, mi sembra utile ribadire che, come avevo già scritto per il giornalismo, stiamo vivendo un periodo di transizione di cui è difficile delineare gli scenari prossimi futuri. Di sicuro, i media tradizionali non moriranno così facilmente. E se ottengono questi risultati in termini di visibilità sui Social Network, forse anche a noi non dispiace così tanto. Neanche a chi, come me, non ha visto un minuto di Sanremo ma mica me ne vanto: ad ognuno il suo circo nazionalpopolare, senza vergogna.

venerdì 17 febbraio 2012

La comunicazione in un'immagine

Quante volte le aziende riflettono per settimane o mesi su come comunicare, su come "riempire" una pagina pubblicitaria, un sito, un contenuto con un sacco di informazioni per i loro clienti con magri esiti? Invece, spesso, basta solo un'idea, una grande idea. Facile a dirsi, difficile a farsi, direte voi. Certe volte basta un esempio per spiegare la potenza comunicativa della semplicità, per raccontare una storia in una sola foto. Ecco invece alcuni casi, pubblicitari e non, per farvi capire cosa intendo. Due di Volkswagen, uno d'annata e uno più recente, e due di Lego.

Volkswagen Maggiolino (quasi 23 milioni di auto vendute) - Pubblicità


Volskwagen Crafter (veicolo commerciale) - Pubblicità



Lego (azienda leader nel mondo nel settore giocattoli) - Pubblicità



Solo pubblicità? Guardate questo video, basico e diretto, e poi ditemi quanto è potente la semplicità delle immagini. Se vi chiedono qualche esempio, qui li avete. Pronti all'uso.
New York - video


martedì 14 febbraio 2012

Non si smentisce una non notizia


Internet genera milioni di discussioni al secondo e, prima o poi, qualcuna di queste ci riguarderà direttamente. Il problema tuttavia nasce immediato: come posso verificare se la notizia o l'informazione che mi riguarda è vera? Da quali fonti arriva? Quanto sono autorevoli? Questa questione me la sono posta trattando il caso della Costa Concordia: un quotidiano inglese ha pubblicato una notizia, la rete si è mobilitata e l'assenza di una smentita immediata da parte dell'azienda ha fatto si che molte persone avvalorassero la veridicità automatica di quella tesi. Bastava fare qualche ricerca su Google, come ho fatto io, per avere qualche dubbio. Poi la news è stata smentita ufficialmente, qualche giorno dopo (vedi tutto qui). Come sappiamo, Internet non dice sempre la verità (essendo uno strumento, dipende sempre da chi lo usa). Però talvolta, inconsciamente, ci convinciamo del contrario.

I Social Network sono un caso emblematico di questo problema di autenticità. Non solo c'è la questione della notizia in sé ma anche della fonte da cui arriva. I profili "fake" su Twitter stanno vivendo un momento di celebrità, basti pensare al finto Alemanno (e agli oltre 4.600 suoi follower). In questo caso, la motivazione satirica è piuttosto evidente ma in altri casi potrebbe non essere così chiara. Il finto Sindaco di Venezia che beffa un Ministro è un esempio lampante e non è affatto l'unico, e non solo in Italia. Nel mondo della comunicazione aziendale, la certezza del mittente è fondamentale per creare quella relazione di fiducia con quelle persone che poi devono comprare i prodotti o i servizi. Cosa dovrebbe fare un'impresa, magari quotata, nel caso in cui inizino a girare informazioni non controllate sulla propria attività e gli utenti chiedano spiegazioni direttamente sul sito o sul blog? Rispondere sempre, con il rischio di dover sempre rincorrere la notizia inventata, anche di poco conto, per paura che diventi "credibile"? 

Forse i tempi sono maturi perché si inizi a pensare a come fare un "Social Media Fact Checking" chiaro e autorevole. Vedere i Social Network come potenziali nemici non ha senso (eppure accade, come si vede qui) però è evidente che vanno gestiti, e non è sempre facile (anche per chi lavora alla Casa Bianca). Quello che è certo è che le aziende dovrebbero creare policy aziendali definite, un insieme di linee guida che definiscono chi sono, quali sono i loro canali ufficiali di comunicazione e quali regole seguono nelle interazioni con gli utenti. In questo modo, l'impresa può spiegare, a priori, a quali conversazioni vuole partecipare attivamente, sottolineando anche la sua volontà di non entrare in alcune discussioni nate da spam, da messaggi diffamatori, da disinformazione (evidenziando che la non risposta non è una conferma indiretta della veridicità di quella affermazione) o da commenti negativi, eccessivi nei toni o offensivi (creati dai cosiddetti "troll").

L'impresa non può rispondere a tutti: come noi, ha spesso cose più importanti da fare. Tuttavia, deve sapere "cosa si dice in giro" e decidere, di volta in volta, cosa fare in base alle regole che si è data. Il silenzio non è mai una conferma automatica di una notizia, neanche sulla Rete e sui Social Media. Come disse una volta Joaquín Navarro-Valls, ex portavoce papale, "non si smentisce una non notizia". Una lezione di comunicazione in 32 caratteri, altro che 140.

(la foto si riferisce a questo caso storico nel mondo dei media).

giovedì 9 febbraio 2012

La tua banca è indifferente? Non sempre


Spesso le banche vengono prese ad esempio come modelli di arretratezza culturale a livello di comunicazione e di inefficienza a livello di gestione delle relazioni con le persone: organizzazioni poco aperte, poco inclini all relazioni orizzontali con i potenziali clienti, molto conservative nelle loro scelte (pubblicità, ufficio stampa, promozione in filiale/punto vendita, qualche sponsorizzazione e stop). I flussi comunicativi sono quasi sempre unidirezionali, ossia da banca a persona (modello "top-down") e non viceversa: basta vedere quanto sia difficile, in tanti casi, trovare semplicemente la e-mail o i numeri di telefono per contattare gli istituti. Questo quadro è senz'altro veritiero e viene confermato da alcune iniziative che sto portando avanti per lavoro. Tuttavia, come sempre accade, ci sono piccole o medie banche che sorprendono per alcune scelte, soprattutto per quanto riguarda la propria promozione sul Web. Ed è giusto evidenziarle.

Ci sono Banche di Credito Cooperativo di piccoli comuni che sviluppano i propri siti Web con attenzione ai particolari, dando un'impostazione grafica soddisfacente e preparando contenuti all'altezza delle aspettative (vedi un esempio qui). Altri istituti, oltre al design del sito, danno la priorità alla Mission e alla Vision, contenuti fondamentali che in molti siti aziendali sono praticamente assenti (vedi un altro esempio qui). Altri istituti bancari sviluppano la propria dimensione comunicativa andando oltre i siti, creando blog aziendali strutturati bene e puntualmente aggiornati, con link a profili di Social Network curati e attivi (vedi qui). Non solo: anche l'attenzione ai contatti diretti con i soci, ad esempio nel caso di convocazione delle assemblee, in certi casi è sorprendente e va molto oltre le lettere scansionate con tanto di bolli che uno si aspetta di vedere (vedi qui). Per carità, niente di rivoluzionario ma sono iniziative che dimostrano un forte attenzione verso una società che cambia, non è poco per quel mondo.

Proprio perché il settore bancario è percepito come un ambito conservatore e tradizionalista a livello di comunicazione, le piccole banche hanno la possibilità di differenziarsi con progetti di promozione online che prevedono investimenti contenuti a livello di budget. Verissimo, il legame con il territorio è molto più importante rispetto alle aziende normali, che invece possono "vendere" i loro prodotti potenzialmente ovunque. Quello che mi preme sottolineare è che il sottoscritto, cliente da anni di un gruppo bancario sempre più grande e imponente, si sta guardando intorno per vedere se esiste qualche istituto che si dimostri più vicino alle mie esigenze, al mio modo di vedere il mondo, alle mie necessità. Care banche, un nuovo sito Internet o un profilo Twitter attivo non fanno miracoli ma aiutano a farvi vedere sotto una nuova luce. Siamo in tanti a volervi davvero diverse, al di là di facili slogan pubblicitari. Iniziate a dimostrarcelo su Internet.

(il titolo mi è stato ispirato da questo blog, photo credits: Flickr, quinet)

lunedì 6 febbraio 2012

Lezioni di Volunia


Oggi la Rete è stata impegnata a commentare la presentazione del nuovo motore di ricerca tutto italiano, Volunia. L'evento a dire la verità è andato male, tra proiettori che non funzionavano, relatori che non comunicavano magia e poco impatto generale. Per le considerazioni esatte sull'iniziativa, andate su Twitter (#volunia) o su Google e trovate un sacco di materiale. Se ne volete uno, consiglio Luca De Biase. Io voglio trarre due considerazioni, una negativa e una positiva.

Inizio dalla negativa. Nella mia esperienza ho imparato che bisogna sempre iniziare dalle cose basilari. La gentile arte della semplicità non è congenita, si deve imparare. Se organizzi una conferenza di presentazione con elevate aspettative devi prevedere che tutto funzioni a partire dalle cose più banali. Il proiettore, il microfono, le slide, i posti a sedere, l'aria condizionata, il modo di parlare dei relatori (e il buffet, ovviamente). Come chinque organizzi eventi per lavoro sa, la platea ti giudica dalle piccole cose, che devono funzionare tutte. Se non va il collegamento con l'esperto americano pazienza, ma se non vanno le slide o l'audio, peste ti colga. Questa situazione, ossia la carenza organizzativa, è una peculiarità molto italiana perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, parte da una carenza culturale a livello di comunicazione ed eventi. Non solo di Volunia. Se sei un genio nel progettare software ma non sai "creare" un evento, devi chiedere una mano (o anche due). Cosa sarebbe Wozniak senza Jobs? E viceversa?


Ecco la considerazione positiva. Un professionista ammirato e stimato in tutto il mondo (italiano) presenta (in un'Università italiana) il frutto di un'idea semplice e potenzialmente innovativa, sviluppata (in Italia) grazie al lavoro di numerosi esperti (italiani). Cosa c'è di nuovo? Leggete nelle parentesi. Di solito, semplicemente, ci sono altri Stati e nazionalità. Invece in Rete tutti delusi ad affannarsi a dire che non avevano visto uno Steve Jobs italiano bensì un genio veneto, con accento marcato, presentare seduto con tono monotono la sua creazione. Andata al di sotto delle aspettative, senza dubbio. Ma siete mai stati dentro una PMI italiana? Ci sono Cavalieri del lavoro che non sanno parlare una parola in inglese e vendono prodotti di eccellenza assoluta in cinque continenti. Che se li metti a parlare in pubblico si guardano le scarpe, ma davanti a un turco interessato a una betoniera gliene vendono cinque. Cito da qui: "negli Stati Uniti fallire è la strada maestra per il successo. A non fallire sono solo quelli che non ci provano". Il padovano Massimo Marchiori ci sta provando in Italia e gliene va dato merito. Alla faccia di noi criticoni da tastiera con il perenne, e limitante, mito ammericano.

La presentazione di Volunia (bruttissimo nome per un bel progetto) potrebbe essere un ottimo modo per far capire cosa abbiamo e cosa ci manca. Abbiamo le idee, non sappiamo comunicarle. Sarebbe davvero drammatico se fosse il contrario.

Aggiornamento: qui c'è una bella recensione (negativa) di Volunia fatta da un esperto al di sopra di ogni sospetto, Luca Conti. Una frase la sottolineo:  "Un merito a Volunia bisogna riconoscerlo. Usandolo mi ha fatto rendere conto come Google non sia un banale motore di ricerca, ma un servizio web che funziona e che ti aiuta a cercare, con i suggerimenti di ricerca, con il correttore automatico in caso di errore di digitazione, con i risultati universali (pagine, notizie, immagini, video insieme), con le notizie fresche, con una grafica essenziale ma funzionale. Lo usiamo tutti i giorni e pensiamo sia sempre stato così, ma non è vero. Google è una macchina da guerra che ha il monopolio in Italia e in Europa perché è stato il più bravo a fornire un servizio dove altri hanno fallito, proprio in termini di rilevanza". Ho sempre più la sensazione che siamo stati più noi a farci un bel viaggio, aiutati dall'entusiasmo alimentato da alcune testate. Che ne dite?

(la foto nasce dalla frase di Marchiori detta durante l'evento: "Come le galline sono state liberate, anche gli utenti web lo saranno". E se le galline imparassero a volare? Anche il calabrone non potrebbe volare, in teoria).

venerdì 3 febbraio 2012

Un progetto per la città dove vivo: Wi-Fi acceso e ringraziamenti

Il Wi-Fi gratuito arriva nella piazza della città dove vivo ed è una cosa che chi legge questo blog sa che è un argomento che mi sta a cuore (qui sono riassunte le puntate precedenti e qui c'è la presentazione del progetto che avevo in mente). Perché, da semplice cittadino, sono andato a rompere le scatole a Sindaco, Assessori e funzionari vari perché si realizzasse. Il progetto, che non è iniziato grazie a me, è maturato sotto i miei occhi. Sono stato positivamente impressionato nel vedere quanto le persone che lavorano nella macchina comunale, che sono percepiti spesso come inefficienti burocrati, fossero contente nel vedere che quello che fanno interessa ai cittadini. C'era passione nel loro lavoro. Da parte nostra, lamentarsi sempre e comunque non basta, serve avere iniziativa. Basta mezz'ora per organizzare un incontro con il funzionario del Comune e far capire che a te quel tema interessa e non poco. Perché non farlo?

Io l'ho fatto e il funzionario dedicato mi ha aggiornato costantemente sullo sviluppo del progetto. Lo faceva senza un utilità pratica, solo perché gli faceva piacere che qualcuno se ne interessasse. Ora che il Wi-Fi è attivo in piazza a Mirandola (la rete si chiama "areanord" e bisogna autenticarsi prima per accedere a un'ora di Internet gratis con PC e telefonino), mi hanno pubblicamente ringraziato per l'impegno, il tempo speso e l'interesse sul giornale di informazione comunale, molto letto (l'articolo è qui sotto, la leggete sul pdf scaricabile a questo link, pag. 5). Una cosa che non ho chiesto ma che mi fa molto piacere.