venerdì 29 giugno 2012

Di quà e di là dal tavolo


Una riunione, un tavolo di legno, un brusco ritorno alla realtà. Come spesso accade quando mi capita di incontrare dal vivo un potenziale cliente importante attivo in un settore tradizionale (bancario/assicurativo), torno al lavoro con una visione meno eccitante ma molto più lucida della situazione del mercato. Non ho dati fisici da analizzare ma sensazioni ed espressioni del viso che contano, forse, di più. Parole come "applicazioni per smartphone" o "per tablet" suscitano curiosità momentanea ma quando si inizia a discutere del progetto concreto, si torna bruscamente a usare parole chiave come "PC portatili", "stampanti" e "moduli cartacei". Come se le seconde fossero più serie, concrete, utili delle prime. Come se il tavolo, d'improvviso, creasse un confine, un limite invalicabile.

La sensazione è sempre quella: finchè c'è da parlare di progetti che escano dal seminato, che offrano nuove possibilità tecnologiche, che aprano nuove opportunità, nessun problema, anzi il dialogo è molto stimolante. Quando si va sul pratico, sul progettuale, l'approccio ritorna conservativo e concreto. Vero, il cliente di cui sto parlando è molto conservatore di suo ma le aziende italiane che vedo sono molto spesso così. L'impressione è quella di dover far formazione ogni volta su alcuni temi che, troppo spesso, diamo per scontati: passare da una presentazione in IBM tra addetti ai lavori al tavolo in legno di una banca in pochi giorni è un salto spazio-temporale enorme. Tutti e due i momenti, tuttavia, danno indicazioni altrettanto utili, seppur così diverse.

Dare una netta preferenza alle idee che ci piacciono di più e criticare l'azienda per il suo immobilismo forse non è la migliore idea che possiamo avere. "Mettersi nei panni del cliente" mica è facile da fare. Da dire invece sì.

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