venerdì 16 novembre 2012

Collaborazione vs antagonismo


Tra ieri sera e oggi mi è accaduta una cosa, che riflettendo a posteriori potrebbe essere utile per iniziare a creare un piccolo modello di collaborazione tra giornalisti e cittadini, non di sterile antagonismo che oggi non ha più senso di esistere. Il tutto in una logica di fact checking ma non solo. Spiego l'accaduto, poi la riflessione.
  • Il Corriere della sera pubblica ieri un articolo a firma di Guido Olimpio sui nuovi missili Fajr 5 che minacciano Israele. 
  • Nell'articolo originale c'è un evidente refuso: la testata del missile, si scrive, ha un peso di "907.100 chilogrammi". Non può essere, quello è il peso di un treno completo di locomotive e vagoni.
  • Io via Twitter (vedi sotto) e un lettore attraverso i commenti segnalano l'evidente errore. 
  • L'articolo viene corretto, bene così per tutti, sia per chi l'ha scritto che per chi dovrà leggerlo.

Nella sostanza, una cosa senza rilevanza particolare. Tuttavia, riflettendoci su, ho ripensato a quello che ho fatto:

  • ho segnalato l'errore su Twitter in modo da segnalare ai miei follower, e non al giornalista, che il Corriere della sera aveva preso una bella cantonata.  
  • Ci ho pensato su. Era un chiarissimo refuso (senza fantomatici secondi fini), perché non segnalarlo al redattore in modo tale da far correggere l'articolo? 
  • Il giornalista mi ha risposto. La collaborazione reciproca per un mutuo interesse, il suo di autorevolezza, il mio di corretta informazione, ha portato al risultato. Insomma "un fact checking volante".

Cosa c'è che non torna, alla fine? Che chi legge l'articolo non ha percezione di questa collaborazione, lo legge o con l'errore (prima) o senza (poi). Perché non darne visibilità? Perché le testate non devono chiedere una mano ai lettori per fare un'informazione migliore?

Un box di "fact checking" in cui si ringraziano i cittadini che hanno speso un po' del loro (prezioso) tempo per aiutare un giornalista e una testata, non per danneggiarla. Magari, segnalando nickname scelto per i commenti, per Twitter o per altre cose. Un modo intelligente per "pagare in visibilità" e incentivare la collaborazione, non l'antagonismo. I giornalisti, come tutti noi, sbagliano anche in buona fede e iniziano a voler collaborare con i propri lettori. "Una volta che è pubblicata, una storia diventa di tutti" dice Nick Petrie del The Times (citato anche qui). Per questo, meglio iniziare a collaborare. "Possiamo pretendere che comincino politici e giornalisti, ma secondo me facciamo prima se cominciamo a dare, ciascuno nel suo piccolo, il buon esempio" dice Sergio Maistrello. Appunto.

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