mercoledì 24 luglio 2013

Il futuro del giornalismo? Ben oltre Nate Silver


Il caso Nate Silver è sotto i riflettori. Se siete un pochino interessati a temi come giornalismo, editoria e politica americana, non potete non aver letto gli avvenimenti di queste ultime ore (in caso contrario, consiglio questo e questo articolo, oltre a questo bellissimo pezzo del Public Editor del New York Times). Voglio solo fare una velocissima analisi del caso in più punti e qualche riflessione, niente di più (c'è gente più brillante di me online, guarda qui).

  • Niente rivoluzioni, solo libero mercato: la notizia in sé non ha niente di dirompente a livello di prospettive future del mondo dell'editoria, almeno nel breve periodo. ESPN, dove Nate Silver va a lavorare, lo paga di più e gli da quello che vuole, ossia un ruolo da top player. Se stai nelle stanze della "vecchia signora in grigio",. ossia il soprannome del NYT, viene sempre prima la signora, c'è poco da fare. Anche se i tuoi pezzi portano tonnellate di traffico al suo sito. Nate Silver voleva più riflettori e, diciamocelo, li ha ottenuti con merito.
  • L'evoluzione del giornalismo si fa un passo alla volta: Silver era il prototipo perfetto del "giornalista del futuro", un nerd che ama giocare con i numeri ma adattandoli perfettamente alla realtà delle cose. Per questo ci si chiede come mai il NYT se lo lasci scappare. Perché un giornale così non lo cambia in poco tempo neanche un Nate Silver, perché ha equilibri interni da rispettare, perché c'è una redazione con proprie regole. Se nei prossimi mesi il sito avrà cali massicci a livello di numeri, state certi che l'editore si porrà il problema di assumere nuovi Nate Silver, il che sarebbe la vera bella notizia.
  • Nate Silver non è solo: che la politica, almeno quella yankee, si giocherà sempre più sulla gestione dei dati è fuori di dubbio. E non solo la politica. Per questo nei giornali, che dovranno avere un ruolo di interpreti dell'esistente e non solo di "creatori di scoop", sarà inevitabile valutare una rivoluzione in materia. Le elezioni USA del 2012 ci hanno fatto vedere che nello staff di Obama c'erano altri Nate Silver, decisivi nel predire l'esito della campagna. Forse avranno fortuna nei giornali, forse altrove. 
Sarebbe facile fare un'analisi del caso chiedendosi perché il New York Times si sia fatto scappare così un top player del genere. Allo stesso modo, ci si potrebbe chiedere perché Obama abbia lasciato andare l'inventore del famosissimo "yes, we can", ossia Jon Favreau. La questione è più semplice di quello che sembri: vuoi ottenere quello che vuoi e vuoi essere pagato di più. Va bene, i vecchi del NYT hanno avuto un ruolo nell'affare Nate Silver ma, ripeto, il caso mi sembra piuttosto chiaro.

Quello che mi interessa non è dove andrà Nate Silver ma quanto ci metteranno i giornali, anche quelli italiani, a capire che la gestione dei dati sarà uno degli aghi della bilancia del giornalismo futuro (fact checking compreso). La vera notizia sta nella conclusione dell'articolo di Margaret Sullivan: "Are some at The Times gratified by his departure? No doubt. But others are sorry to see him go. Count me among those" dice . Sibillino, no?  

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