giovedì 28 novembre 2013

Meno tweet, più qualità: mi do una regolata

Sostengo da sempre l'idea che la facilità di pubblicazione di qualsiasi cosa sui social media possa essere controproducente nel lungo periodo. La definirei "la sindrome di whatsapp": è gratuito, semplice da usare e veloce, troppo facile abusarne (come sa il mio povero telefono costretto a vibrare tantissimo alcune sere). Questo può andare a discapito della qualità delle informazioni che si veicolano verso chi ci segue. Ma c'è un altro aspetto: questa abbondanza di aggiornamenti eterogenei e diversificati può dare una percezione fuorviante di quello che siamo e quello che vogliamo dire verso l'esterno. Me l'ha fatto notare una persona che stimo: tutte quelle news davano l'idea che pubblicassi, pur in buona fede, tutto quello che mi passava in mente, senza filtri critici né riflessioni sufficientemente approfondite. Non era così, mi sono detto di getto. Pensandoci su, rileggendomi a freddo e leggendo altre riflessioni, non ho potuto non dargli ragione.

Per questo motivo, visto che parlo spesso dell'importanza delle policy per le aziende nella comunicazione, mi do io una policy, un'autoregolamentazione sulla mia attività sui social media. Voglio dare più qualità nelle cose che dico, scrivo e comunico, quello che ho sempre cercato di fare sul blog (i post esigono tempo, una notizia concreta e più di una riflessione). Per questo, mi do queste semplici regole:

  • Limitare i miei aggiornamenti di stato, selezionando accuratamente le cose che scrivo e dandomi un limite massimo giornaliero (al massimo 5 tweet e 2 aggiornamenti di stato su Facebook e Google+, se in alcuni giorni non ho niente da dire va bene così).
  • Prendermi un tempo minimo di riflessione: pubblicare la mattina presto dopo aver riflettuto la sera oppure pubblicare la sera dopo averci pensato durante la giornata, davanti a un caffè o in un momento di pausa dal lavoro.
  • Puntare alla massima qualità: ogni cosa che scrivo deve essere potenzialmente utile per chi mi legge, ogni foto che pubblico deve avere un livello accettabile di creatività.
Essere online è una parte della mia vita attuale e non ritengo obiettivamente di averla vissuta male o di averne abusato. Però è giusto, ogni tanto, esaminarsi un pochino dall'esterno e provare a giudicarsi senza filtri né facili autoassoluzioni. Io ci provo e vediamo come va. Scommetto da sempre sulla qualità delle informazioni che comunico e non sulla quantità. Continuerò a farlo, con ancora più consapevolezza.  

venerdì 22 novembre 2013

Com'è andata la campagna delle lattine con i nomi? Quei "meno" sulle vendite qualcosa vogliono dire


Avete presente la grande campagna fatta da Cola Cola quest'anno per la personalizzazione delle sue bottiglie e lattine con i nomi? Si sono spese, giustamente, molte parole sulla rinuncia della presenza del brand storico (unbranding, piuttosto di moda ultimamente), sulla novità di quest'idea di marketing e su tante altre belle cose. Personalmente, però, sono rimasto un po' colpito dal fatto che ovunque si dicesse che "aveva ottenuto un boom di vendite", citando il caso dell'Australia (+11% in un mercato piuttosto piccolo, molto particolare a livello di consumi e molto diverso da quello italiano). La curiosità su come sarebbe andata in Italia mi è montata progressivamente e ho chiesto su Twitter a Coca Cola Hellenic (che distribuisce i prodotti nel nostro Paese) notizie sull'andamento delle vendite, non ottenendo risposta.
Bene, come è andata? I dati delle vendite del terzo trimestre 2013 e quelli di tutto l'anno sono stati annunciati i primi di novembre: trovate tutto qui, tutto ufficiale. I dati di vendita, aggregati per i vari mercati, sono tutti negativi, senza eccezione. Per quanto riguarda l'Italia, ci citano espressamente (pag. 6 del documento in pdf):
The main drivers of volume decline in the segment during the quarter were the weakness in all key categories in Italy and Greece.
Più avanti si approfondisce ulteriormente (cito solo una parte del testo per ragioni di spazio, consiglio vivamente di leggerlo tutto):
Volume in Italy declined by high single-digits in both the third quarter and the first nine months of 2013. Austerity measures continue to impact disposable income, and unemployment remains at high levels. In the third quarter, volume pressure was evident across all categories. 
Questo cosa significa? Che il marketing conta, e conta tanto, ma non è uno strumento magico. Puoi fare campagne innovative che diano un'immagine più vitale e dinamica al tuo grande e glorioso brand (obiettivo raggiunto) ma queste incidono solo per una parte sui risultati finali. Se c'è crisi nera, non si fanno miracoli. Chiariamo: gli obiettivi di marketing non sono gli obiettivi di vendita, l'ho scritto anche sul libro e lo ribadisco senza indugio. Detto questo, però, le vendite sono un fattore che incide per tirare le somme nei report, non possiamo nasconderci dietro a una lattina.

L'errore sta in quel famoso +11% in Australia, così enfatizzato nei comunicati stampa. Lì c'è stato un errore di comunicazione: si è fatto passare il messaggio che quella campagna "geniale" stava già raggiungendo brillanti obiettivi di vendita senza sottolineare a dovere che è un mercato piuttosto piccolo, particolare e distante dall'Europa non solo a livello chilometrico. Si poteva prevedere che da noi sarebbe stata più dura, visti i dati economici che ci riguardano a livello di crollo dei consumi. L'unbranding, la personalizzazione del prodotto e il buzz sui social media non possono fare miracoli (questo l'avevano intuito, va dato loro atto). I dati ora sono visibili a tutti. L'Australia è "the lucky country", ricordiamocelo la prossima volta. 

mercoledì 20 novembre 2013

Cinquantatré idee per un sito web



Tante volte mi chiedono "ma come è fatto un bel sito?" e io rispondo con vari esempi illustri, come Apple ad esempio. Però Apple e gli altri esempi illustri hanno budget stellari per la comunicazione, essendo aziende molto grandi. Allora ne propongo altri (vedi qui). Se siete un'azienda con meno di 50 dipendenti e due prodotti di punta, oggi ne ho uno nuovo da far vedere: http://www.fiftythree.com/

L'ho navigato per 10 minuti, in modo semplicissimo ma quasi trattenendo il fiato. I prodotti (due, Paper e Pencil) sono descritti in modo affascinante, con un'integrazione tra testi, immagini e video praticamente perfetta. Tutto è semplice. Volete saperne di più dei prodotti? Pagine con scroll lungo ma non infinito che vi fanno vedere tutto. Volete sapere quanto costano? Scritto tutto, nero su bianco. Volete comprarli? Mettete nel carrello e via. Certo, è un'azienda di cui parla Chris Dixon e che ha vinto barcate di premi compreso quello di "app of the year", non sono certo gli ultimi arrivati. Ma se volete spunti e idee su come promuovere i vostri prodotti, guardate loro come fanno rendere "carta" e "matita". Incantevole.

Ah, un particolare: l'applicazione non c'è per Android, solo per iPad. Lascio a voi le riflessioni.

venerdì 15 novembre 2013

Le notizie serie funzionano come quelle meno serie

Scrivevo questo quasi un anno fa:
Il giornalismo ha un futuro se offre qualità. In termini di quantità e velocità delle news, ci sono ormai altre fonti con prestazioni inarrivabili per una testata giornalistica: a noi lettori serve controllo, verifica, metodo, interpretazione, selezione. Non ci serve uno scoop, ci serve una mano per capire il mondo. Ma la qualità non è per nulla in conflitto con la semplicità.
Un mio pallino da sempre, quello che il futuro dell'informazione non sta solo in storie brevi, divertenti, di facile impatto (gattini e affini, insomma) ma anche nella qualità. Tante volte accade un po' di sconforto quando vedi tanti "boxini morbosi" sulla parte destra di onoratissimi portali di informazione. Però, ogni tanto, ti arrivano delle conferme importanti e oggettive, condite con parole di persone che stimi, che forse il futuro vero è quello che intravedi tu. Annalee Newitz, citata da Giuseppe Granieri, dice cose che confortano in questo senso. E una ricerca, citata qui, segnala una controtendenza importante:
We’ve heard this a lot lately: Fun stories, not serious stories, work on social media.
But we’ve found otherwise. You can shape serious stories to make them shareable and more informative for the public. We’re not talking about watering down serious journalism — we’re talking about crafting stories for the digital audience.   
Creare storie in modo nuovo per nuovi lettori e un nuovo modo di leggere. Questa è la sfida che sembra funzionare già oggi. Ci stiamo ancora lavorando, per carità. Ma intanto godiamoci questa bella notizia. E buon venerdì.

mercoledì 13 novembre 2013

Il tester della strada - la recensione


Come anticipato qualche giorno fa, è quasi concluso il mio esperimento quale "tester della strada" di un prodotto di punta di Nokia, ossia il Lumia 1020, quello con la fotocamera da 41 Megapixel. L'opinione che mi è stata richiesta dall'azienda l'ho fatta qui (come da accordi), ho cercato di essere il più obiettivo possibile e di darmi delle regole. Se volete vedere le foto, oltre al tramonto qui sopra, cercate #testerdellastrada su Twitter (vedi qui). Se all'azienda non piacerà quello che ho scritto (ma non credo accadrà), non farò altri test ma, ripeto, era una piccola esperienza che volevo fare e l'ho fatta, per cui no problem. Se a chi mi legge non piacerà questo post e lo definirà "una marchetta anche se fatta bene", pazienza, come sopra: la volevo fare, ho spiegato bene come e perché, l'ho fatta e pazienza.

Non voglio fare una recensione del prodotto in sé, non sono un tecnico per cui è inutile. Ne farò una dal punto di vista del marketing e della comunicazione del prodotto Lumia 1020. Nokia ha puntato forte sulla fotocamera "da 41 megapixel", in parte condivido la scelta. Deve differenziarsi dagli altri produttori e, visto il successo delle foto online (basti pensare a Instagram e vari cloni), è una scelta condivisibile. Ma c'è un problema: all'utilizzatore medio, quello della strada, non serve avere una bomba del genere. Gli basta avere una buona fotocamera, una buona app per scattare la foto (con messe a fuoco lavorabili anche da chi non è esperto, come si riesce con Nokia Pro Cam dopo qualche esperimento) e una buona app per lavorare le immagini (diciamo Instagram o sue evoluzioni). Queste caratteristiche le può avere anche su un telefono di fascia media di prezzo. Con 700 euro uno si compra una buona reflex entry level e un buon Lumia. Così come con il costo di un Microsoft Surface ci si compra un iPad mini (per non dire un Nexus 7 o un Kindle Fire HDX) e un discreto notebook.

La partita si giocherà sull'equilibrio di più fattori nel prossimo futuro. Non basta avere il top player in attacco se non hai due centrali difensivi all'altezza (pensate a una delle due squadre di Milano). Windows Phone è un ottimo sistema operativo e sui prodotti di fascia media (200/300 Euro) surclassa alla grande gli omologhi con Android (ne uso uno). Bisogna puntare su questa fascia e lo dice anche gente più esperta di me: un buon Lumia da 250 Euro, con una fotocamera da 10 Megapixel, due belle app per scattare e pubblicare foto. Ma non solo. Bisogna lavorare tanto sulle applicazioni: non è possibile che, ad oggi, non si sia ancora Instagram, non è accettabile. E se quando ce l'hai lo presenti come una novità, hai una strada molto stretta davanti a te.

Ringrazio Nokia per l'opportunità e per la velocità di risposta alle mie mail ("ma quando arriva il corriere?" e "ma come devo fare?") e ai miei tweet. D'ora in poi vado avanti con i miei post spontanei (perché leggo buoni consigli). Se cambio idea, vi avviso.

martedì 12 novembre 2013

L'importanza delle piccole cose


La relazione con i propri clienti si gioca davvero sulle piccole cose. Non sugli slogan delle campagne pubblicitarie, non sul numero di follower su Twitter, non sulla quantità di informazioni che si danno. Si gioca su cose come la precisione, il rispetto e l'attenzione verso chi ci ascolta. Esempio: un grande brand di software organizza un Webinar gratuito per presentare una nuova suite. Una cosa normalissima, quasi banale. Bene, accade che non funzioni l'audio: strano, vista l'importanza dell'azienda e il settore dove opera, ma sono cose che accadono. Come viene gestita questa piccola crisi?

C'è un sacco di gente connessa che si è ritagliata uno spazio apposta dal proprio lavoro e aspetta news. Non si sente e il video va a scatti. Silenzio interminabile a livello di chat da parte degli organizzatori. La gente, che ha speso un bel po' di soldini per quei prodotti, inizia ad arrabbiarsi. Riavviano il PC, staccano e attaccano le casse, le provano tutte ma il problema non è loro. Silenzio da parte di chi dovrebbe parlare, in ogni senso. Dopo che la chat sta diventando un massacro, la società annuncia (finalmente) che la chat sarà rimandata. La cosa strana è che la gente connessa spesso ringrazia dell'informazione e se la mette via. Incredibile, no? Ma il bello deve ancora venire. Dopo un po' viene annunciato, sempre in chat, che la nuova data verrà comunicata su Facebook (!). "E chi non ha Facebook?" la ovvia domanda. Riparte l'incazzatura, giustamente. "Ci avete tenuto qui 25 minuti e ora non ci date neanche le informazioni?" il commento che sintetizza il tutto.

Non importa se sei un brand mondiale, il rispetto per le persone che comprano i tuoi prodotti deve essere sempre al primo posto, anche se organizzi una cosa semplice che è andata bene altre 1.000 volte. Le persone ti giudicheranno per quella volta che andrà male. Prima o poi, accade che un piccolo ingranaggio della macchina si rompe. Il problema è che inizia a funzionare male tutto il resto. 

(Photo credits: http://lastregadelnord.files.wordpress.com/2011/10/ingranaggio.jpg)

lunedì 11 novembre 2013

Il tester della strada


Qualche giorno fa avevo scritto un post sulla credibilità relativamente alla recensione di prodotti e eventi. Il caso, e Facebook, hanno voluto che ora sia io a trovarmi nel ruolo di tester di uno dei prodotti dei quali accennavo. Se mi seguite su Twitter, avrete visto qualche foto con l'hashtag #testerdellastrada: l'ho creato per sottolineare che le mie opinioni riguardano un preciso caso, ossia che una società produttrice di smartphone mi ha mandato un suo telefono di gamma alta in prova per avere un mio giudizio. Non l'ho comprato, non mi è stato regalato, mi è stato semplicemente spedito per un test perché ero curioso di provare quest'esperienza. Su questo prodotto scriverò a breve, ma sempre sottolineando perché lo sto facendo e che è un post sincero ma non spontaneo (diversamente da tutti gli altri).

Detto questo, mi sono dato queste 5 piccole regole di correttezza, sicuramente migliorabili (lo sono sempre):
  1. Dire sempre a chi legge cosa sta accadendo e perché accade all'inizio del testo (non in altri luoghi sociali, troppo comodo): l'azienda mi ha mandato un prodotto e io lo sto giudicando, una scelta per reciproco vantaggio chiara e semplice. Io uso un prodotto nuovissimo, l'azienda può dare visibilità alla mia opinione in merito. 
  2. Non essendo un tecnico, non fingere di dare giudizi oggettivi e obiettivi sulle caratteristiche del prodotto, dire semplicemente come mi trovo da utilizzatore. Darò le mie opinioni, positive o negative che siano, magari prendendo qualche cantonata ma assicurando sempre correttezza e sincerità.
  3. Inserire nei miei giudizi sempre l'hashtag #testerdellastrada (come "uomo della strada", ossia uno senza particolarità peculiari che ha chiesto di giudicare una cosa e gli hanno detto che andava bene).
  4. Creare, quando possibile, delle chiacchierate su quello che sto facendo, sia online che offline. Voglio raccontare un'esperienza curiosa, che forse non ripeterò perché mi piace essere libero di scrivere quello che mi pare quando mi pare ma che ho scelto io di fare.
  5. Restituire il prodotto all'azienda produttrice, perché l'accordo è chiarissimo in questo senso e perché lo farei comunque. 
Tanta gente mi ha detto "eh, vabbé, poi lo devi restituire, che pacco, non lo farei mai". Se trovate un'impresa che vi regala prodotti da 700 euro segnalatemelo. Se la Ferrari mi invitasse a fare un giro con un suo gioiellino, non sarei così sorpreso se poi non me lo regalasse. Sarò strano io. 

Ci sentiamo tra qualche giorno, quando scriverò un post con un giudizio su quel prodotto.

(Photo credits: Gapingvoid)

martedì 5 novembre 2013

Pasta e pomodoro


Due notizie recenti portano alla ribalta due aziende molto conosciute, una produttrice di pasta e l'altra di pomodori, con iniziative e obiettivi molto diversi. Ho un paio di considerazioni da fare su ognuna delle due.

Iniziamo dalla pasta. Un marchio molto conosciuto ha dovuto gestire un crisis management piuttosto complesso qualche settimana fa: ieri ha annunciato che sta portando avanti iniziative su "Diversità e Inclusione" (con le maiuscole, bah). Nella sostanza, si crea in azienda un board di persone per migliorare la qualità della cultura aziendale "in merito a orientamento sessuale, parità tra i sessi, diritti dei disabili e questioni multiculturali e intergenerazionali". In più, la società comunica la nomina di un "Chief Diversity Officer" (...) e di partecipare  al Corporate Equality Index (trovate tutto qui).

Per carità, qualsiasi cosa che possa provare a migliorare la qualità della cultura e della comunicazione aziendale non è mai negativa. Però mi sembra una reazione più di pancia che di testa a quella crisi che, ripeto, aveva un unico problema: il capo aveva espresso un parere personale, opinabile e criticabile quanto si vuole ma pur sempre legittimo, scambiandolo per quello aziendale. Da questa nuova iniziativa io, uomo della strada, capisco che quella azienda aveva problemi più grossi di diversità e inclusione rispetto a quella dichiarazione se deve nominare un responsabile specifico per risolvere questo problema. Se non è così, come credo, allora l'azienda non sta facendo bene il suo lavoro perché mi sta dando un'immagine sbagliata. 

La seconda news riguarda un famoso produttore di pomodori, sul quale si è scatenata una polemica su un'iniziativa di comunicazione con un tempismo molto preciso. Qui la mia idea è piuttosto chiara: la società promuove da sempre la provenienza dei propri prodotti e il legame con il territorio di appartenenza, si tratta della sua unique selling proposition. Ora la ribadisce con forza con una campagna ad hoc. Lo dico chiaro e tondo: ha tutto il diritto di farlo. Perché non sfrutta il momento per realizzare una campagna nuova e molto mirata in reazione a una notizia (pensiamo al caso della pasta citato sopra) ma sottolinea quello che è, cosa fa e che prodotti produce. Si tratta di normale concorrenza di mercato, dove un'azienda punta a rafforzare il proprio posizionamento nei confronti dei competitor. Se da altre parti hanno grossi problemi di altro tipo, sarebbe meglio far polemiche su chi doveva controllare il rispetto di certe norme e non fissarsi su fantomatiche "campagne di discriminazione territoriale indirette". Perché perdiamo tempo, tutti, e non ne abbiamo bisogno.

(Photo credits: http://pennaeforchetta.blogspot.it/2010/08/basta-poco.html)