giovedì 22 marzo 2012

Scrivere un libro, parte seconda

Ecco il secondo tempo del post sul mio libro, la prima è qui. Qualche giorno fa mi sono soffermato sugli aspetti positivi, ora mi concentro su quelli più o meno negativi. Anzi, per dirla più correttamente, mi sembra giusto approfondire le cose in cui ci si imbatte quando lo stai scrivendo ma che nessuno, o quasi, ti ha detto prima (un po' come quando diventi papà). Perché scrivere un libro è un sogno di molti e oggi ce lo si può anche autopubblicare come ebook. Ma pensare, come me, che tra qualche mese sarà in libreria ha un ulteriore alone di magia. Sì, lo so, sono un tradizionalista ma che ci posso fare?

Ecco le mie considerazioni negative, o quasi, del fatto di scrivere un libro:
  • Ci vuole tantissimo tempo: io scrivo per lavoro e pensare di dover realizzare un libro di 150 pagine dedicato a quello che faccio mi sembrava relativamente facile. Niente affatto, soprattutto se si prende in considerazione il tempo necessario. Io da libero professionista pesavo i miei budget sulle ore stimate di lavoro: se avessi dovuto farlo per questo, avrei  strutturato una proposta davvero importante. Per realizzare la bozza ho lavorato 6 mesi, di notte (di giorno lavoro e ho una famiglia con due figli), con uno sforzo di concentrazione e costanza davvero notevole. Non è affatto uno scherzo. E, ripeto, io sono abituato a scrivere tanto e velocemente.
  • Pensare alla soddisfazione, non ai guadagni: "ah, scrivi un libro! Quanto ti pagano?" è la domanda che mi sono sentito porre da chiunque. La risposta: "non lo so ancora, dipende da quanto vendo. Quindi poco". Il guadagno che ti arriva dalla casa editrice, semplificando, è una percentuale legata alle vendite: tanto per capirci, sotto al 10% del prezzo di copertina per ogni volume. Facendo due conti, si capisce chiaramente che non lo si fa per soldi. Lo si fa per passione, per soddisfazione, per essere utili a qualcuno, un po' la stessa motivazione per cui scrivo questo blog. Mica mi pagano. Però ho trovato due clienti in passato scrivendo qui dentro, dato non prevedibile ma da non trascurare.
  • Bisogna chiedere una mano: all'inizio pensi di potercela fare tutto da solo e non ti spieghi tutti quei ringraziamenti che trovi negli altri libri, per correzione di bozze, consigli e altro. Quando sei a pagina 50, ti accorgi che i tuoi occhi non vedono più refusi, ripetizioni, errori di sintassi, e in un attimo realizzi: hai bisogno di una mano, anzi dieci mani. Io ho la fortuna di avere una mogliettina che scrive da Dio e legge tantissimo. Nonostante due figli a cui badare, abbiamo lavorato insieme, mi ha dato consigli, mi ha proposto correzioni. In più, ho chiesto aiuto anche ad altre persone e lo continuerò a fare. Da soli non ce la si fa, fidatevi.
  • Un libro è sempre vivo: questo è anche un aspetto positivo. Tuttavia quando hai finito di scrivere un capitolo, manca sempre qualcosa da approfondire, un caso ideale per sottolineare quel concetto. Non lo trovi e te ne fai una ragione. Dopo una settimana, vai su Twitter ed è là, bello pronto, in grado di spostare il baricentro del capitolo stesso: che fare? Rimettersi al lavoro? Il mio consiglio: il libro definitivo non esiste, dovete porvi delle scadenze e rispettarle. Se siete entro la deadline si modifica, se no niente. Avete presente gli scrittori dei film che hanno libri in sospeso da 5 anni? Non è così difficile diventare uno di loro, ve lo assicuro.
Un bilancio? Per ora sicuramente positivo. Tanta fatica ma si tratta di realizzare un piccolo sogno. E, come scrive oggi Pier Luca Santoro su Twitter (pubblicando anche la foto sotto): "Non dire mai che i sogni sono inutili perché inutile è la vita di chi non sa sognare" (Jim Morrison).


Aggiornamento di Settembre 2012: c'è una terza parte, quella delle soddisfazioni post-pubblicazione. La potete leggere qui.

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